Di solito la rabbia sbollisce. Monta, cresce, esplode: poi nel giro di qualche giorno se ne va per lasciare spazio al perdono. Insomma, funziona così: più o meno. E allora ci dev’essere qualcosa di strano: perché la rabbia per quello che è successo l’altra sera al palazzetto non se n’è andata, non ha lasciato spazio a nulla, non si è ammorbidita. Anzi, semmai è cresciuta rafforzandosi con la consapevolezza della gravità di un sconfitta inaccettabile. Si vede che non era solo rabbia,
allora: era una ferita, era la delusione più cocente, era la coltellata sulla passione. Ci sono passate e ripassate davanti le immagini della disfatta, insistenti e cattive. Linton Johnson che sembra essere venuto qui per prenderci in giro, tanto da permettersi di difendere con le mani dietro la schiena per tre azioni (noi una roba del genere non l’avevamo mai vista: mai). Ebi Ere che pare essere la sbiadita (e appesantita) fotocopia di quello visto lo scorso anno, tanto da farci pensare che la sua lucrosa conferma sia stato il vero errore della scorsa estate. Kee Kee Clark che dopo essere stato a casa sua per tutta la settimana ad assistere la moglie che lo ha reso papà ha deciso di scioperare sul campo, suo personalissimo modo di ringraziare la società che gli aveva dato il permesso di tornare negli Usa prima di una partita così importante. No, la rabbia non ci è passata. E insieme alla rabbia ha fatto capolino anche un po’ di sana paura: la classifica è lì da vedere, la partita di domenica a Pesaro non può certo lasciare tranquilli. La parola retrocessione è già stata detta e scritta, ma non è ancora stata accettata e metabolizzata: perché forse qui non si è ancora capito quello che si sta rischiando. Sì, sì: di andare in Legadue, questo ormai l’hanno capito tutti (anche i giocatori di Varese? Speriamo). Quello che forse non è chiaro è ciò che comporterebbe un’eventuale e inopinata retrocessione.
Proviamo a chiudere gli occhi per un attimo e tuffarci in questo incubo? Una Cimberio in LegaDue significherebbe un colpo probabilmente mortale a quel castello di miracoli chiamato Varese nel Cuore, il crollo di un progetto e un colpo di spugna sulla fatica fatta negli ultimi quattro anni. Significherebbe l’addio quasi certo a uno sponsor come Cimberio, il cui rinnovo non sarà comunque scontato anche in caso di salvezza ma che diventerebbe praticamente impossibile se si dovesse scivolare giù: e noi una cosa del genere mica ce la possiamo permettere. Signore e signori, ficchiamocelo bene in testa: qui si lotta per la sopravvivenza, non per la salvezza.
Sopravviviamo, salviamoci: e poi ripartiamo. No, mica da zero: le spalle sono solide e la struttura societaria resterà forte anche dopo una stagione disastrosa. Ripartiamo cercando di ricostruire quell’entusiasmo perduto, la fiammella cova ancora sotto la cenere della delusione e basterebbe una scintilla per farla divampare. Come? Stuzzicando i tifosi con l’idea di un futuro tutto da sognare, ancora come un anno fa. Buttando lì un nome che sarebbe ossigeno puro e cancellerebbe l’emorragia di abbonamenti che già si profila per la prossima estate. Un nome da mettere in panchina, e noi ne facciamo tre: tre provocazioni, tra il serio e il sogno. Gianmarco Pozzecco, Romeo Sacchetti, Frank Vitucci. Scegliete.
Varese
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