Inceneritore Accam, i comitati rialzano la voce e invocano la dismissione dell’impianto. «Meglio che mettere una pezza». Nuovo appello a Regione Lombardia: «Si attivi per avviare un tavolo di confronto con gli enti locali per la chiusura programmata dell’impianto».
L’occasione per rilanciare la battaglia per il “no” al mini-revamping da quattro milioni di euro per rispettare le prescrizioni normative sulle emissioni di ossidi di azoto, per il quale la società ha già avviato le procedure, è contenuta in alcuni dati, “scovati” dai comitati del territorio, di «incidenti» che hanno provocato «il superamento dei limiti semiorari per le polveri» sulla linea 1 dell’impianto di Borsano, in particolare «tre sforamenti nel 2016 e due nel 2017». Eventi che «hanno determinato una ispezione straordinaria di Arpa» e che, secondo il comitato ecologico di Borsano, il comitato Rifiuti Zero, Medicina Democratica ed Ecoistituto Ticino, bastano per generare «preoccupazione» sullo stato dell’impianto, oltre che per contestare la «scarsa trasparenza» da parte di Comune e Accam che avrebbero “silenziato” gli eventi.
«Se qualcuno pensava che un inceneritore come Accam fosse una macchina perfetta, questi eventi ci ricordano il contrario – sostengono i Comitati – ogni assicurazione a parole non può essere presa come verità, nascondere le notizie non giova neppure alla credibilità degli enti, in primis quelli deputati alla salvaguardia dell’ambiente e della salute. Oltre a richiedere una piena trasparenza sull’esercizio dell’impianto, prima che possano succedere altri eventi più gravi, confermiamo la nostra richiesta di chiusura programmata dell’impianto».
Insomma, per il fronte ambientalista si dovrebbe solo stabilire la “data di scadenza” di Accam: «Oltre ai dati epidemiologici di cui si è già discusso, i 20 casi di ricoveri per malattie cardiovascolari all’anno aggiuntivi e riferiti al solo contributo emissivo di ossidi di azoto dell’inceneritore, il dato gestionale ed il livello tecnologico sono elementi che motivano un percorso di dismissione».
Anche perché i rappresentanti dei Comitati ritengono fuori luogo la «realizzazione di costosissimi sistemi per abbassare solo le emissioni degli ossidi di azoto» che rischia di rendere insostenibile l’ipotizzata chiusura nel 2021: «Mettere qualche pezza per qualche anno non ha senso né tecnico né economico, allungare la vita di un impianto tecnologicamente obsoleto e con una pratica di gestione dei rifiuti anch’essa obsoleta, non è in linea con gli obiettivi regionali».
Ecco perché si leva un nuovo appello per un tavolo per la chiusura dell’inceneritore, mentre i Comuni litigano e permane il rischio concreto che Accam non riesca a fare in tempo ad eseguire il “mini-revamping” ritenuto indispensabile da Regione Lombardia per poter continuare l’attività nel 2018.