Tra la notte del 15 e il 16 aprile 2016, un 43enne marocchino è stato svegliato in piena notte dalla cognata che sosteneva che l’uomo del piano di sopra, durante una festa con amici in cui avevano esagerato con l’alcol, l’avesse violentata. Accecato dalla rabbia, l’uomo non ci ha quindi pensato due volte prima di aggredire il presunto stupratore – poi, in realtà, è stato scagionato dalla pesante accusa di violenza sessuale –, di colpirlo ripetutamente e di minacciarlo di morte («Ammazzo te e tutta la tua famiglia!» sarebbero state le parole che il marocchino gli ha rivolto).
La vittima dell’aggressione, il padrone di casa – un uomo affetto fin dalla nascita da una grave malattia che causa gravi problemi di deambulazione, tanto da costringerlo a usare le stampelle –, finì al Pronto Soccorso dell’ospedale di Luino con contusioni varie. La violenza costò all’aggressore la duplice denuncia per minacce e lesioni personali, con l’aggravante di aver approfittato delle condizioni della vittima e della sua ridotta capacità motoria.
Il processo
Nel settembre 2020, il giudice di pace di Luino aveva condannato il 43enne a 600 euro di multa a titolo di risarcimento danni all’aggredito, costituitosi parte civile con l’avvocato Simona Ronchi. Ieri, 15 giugno, davanti al giudice Rossana Basile è stato discusso l’appello presentato dall’avvocato Andrea Pellicini, difensore dell’aggressore, contro la sentenza del 2020. «È vero, il procedimento per stupro è stato archiviato. Ma al momento del fatto, il mio assistito intervenne per difendere una donna che riferiva di aver subito la violenza», ha spiegato Pellicini, chiedendo l’assoluzione dell’imputato. Tuttavia, il ricorso è stato giudicato inammissibile e l’imputato dovrà pagare la multa.