MARNATE Accolta l’istanza di scarcerazione per Gaetano Panato, il pensionato settantunenne che il 15 dicembre 2007 uccise la moglie Irma Zanderigo, casalinga di 66 anni. Panato fu condannato in primo grado con rito abbreviato a 12 anni di carcere dal gup bustese Chiara Venturi. Sentenza confermata dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano settimana scorsa. I difensori di Panato, Fausto Moscatelli e Maria Grazia Senaldi, hanno reiterato un’istanza di scarcerazione per il settantunenne che i giudici milanesi hanno accolto.
Panato sconterà la propria pena non in carcere ma in una struttura comunitaria nel lecchese in regime di arresti domiciliari.
Non sarà libero «ma – spiega Moscatelli – sconterà la condanna in una struttura adeguata alla sua situazione dove potrà ricevere sostegno e cure. Il carcere non era il luogo adatto per il nostro assistito che non ha chiaramente agito in un contesto criminale. Quanto accaduto il 15 dicembre 2007 non nasce certo dall’odio o dalla crudeltà, ma dalla disperazione. E i giudici hanno compreso quest’aspetto di una vicenda drammatica sotto ogni punto di vista». L’istanza è stata supportata con diverse relazioni da parte dei difensori, a cominciare da quelle che certificano una condotta esemplare di Panato in carcere.
L’omicidio di Irma Zanderigo, in effetti, aveva scioccato l’intera comunità marnatese soprattutto perché inspiegabile. Panato ha inferto tre coltellate alla moglie dopo un litigio. L’uomo soffriva di depressione, diagnosi certificata anche dal suo ricovero nel periodo immediatamente precedente all’omicidio nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Busto Arsizio. La coppia aveva vissuto insieme per 43 anni dividendo tutto; poi i disagi del settantunenne avevano creato qualche crepa. Ma nulla di anomalo: Irma stava facendo un solitario nella cucina della villetta di via Morelli dove la coppia viveva, pare abbia risposto in modo spazientito alla richiesta del marito di preparargli le sue medicine e Panato avrebbe reagito perdendo il controllo. Fatto mai avvenuto prima; tanto che lo stesso uxoricida ha chiamato il 118 dopo il fatto avvertendo alcuni familiari dell’accaduto.
«L’omicidio è nato dalla disperazione – ribadisce Moscatelli – La giustizia, con i propri tempi e metodi, arriva infine dove deve arrivare». Ora si prepara il ricorso in Cassazione: «Considerando il fatto che il mio assistito è un ultrasettantenne e considerando l’intero quadro della situazione – conclude Moscatelli – Panato dovrebbe scontare il resto della pena in sede comunitaria; non ne abbiamo però al momento l’assoluta certezza».
Simona Carnaghi
f.artina
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