Bruxelles, 30 giu. (TMNews) – Una tassa dell’Ue su tutte le transazioni finanziarie, con aliquote che varieranno, a seconda della natura dei prodotti, dallo 0,01 allo 0,1 per cento, che alimenterà il bilancio comunitario con circa 37 miliardi di euro all’anno al 2020. Sono queste le grandi linee della proposta che la Commissione europea presenterà a settembre, ma che è stata già annunciata ieri a Bruxelles, in tarda serata, dal presidente dell’Esecutivo comunitario, José Manuel Barroso, e dal commissario al Bilancio, Janusz Lewandowski, come una delle pietre angolari delle nuove ‘prospettive finanziarie’ (il quadro multiannuale di bilancio dell’Ue) per il periodo 2014-2020.
Le aliquote della nuova imposta europea sono ancora in discussione e saranno comunicate ufficialmente quando verrà varata la proposta, ma secondo fonti qualificate della Commissione dovrebbero partire da un livello più basso (0,01%) applicato ai derivati per arrivare al livello più alto (0,1%) applicato agli scambi “spot” di azioni e di obbligazioni sui mercati (quelli con consegna immediata o a breve, entro una data prestabilita).
La nuova tassa sulle transazioni finanziarie, impropriamente definita dalla stampa internazionale ‘Tobin Tax’ (dall’economista James Tobin, premio Nobel, che la propose nel 1972, ma per applicarla solo alle transazioni sui mercati dei cambi valutari), dovrebbe entrare in vigore al più tardi a partire dal 2018, scontando un lungo periodo di difficile negoziato fra la Commissione e gli Stati membri.
Difendendo ieri sera la proposta dai primi attacchi, già arrivati da Londra, Barroso ha ricordato che ci sono già 10 Stati membri che applicano, sotto diverse forme, delle tasse nazionali sul settore finanziario, e che proprio la Gran Bretagna è fra questi paesi (insieme a Belgio, Grecia, Polonia, Irlanda, Finlandia). Il presidente della Commissione ha ricordato anche che proprio il settore finanziario, che è stato responsabile della crisi, gode di un ingiusto vantaggio fiscale rispetto a tutti gli altri settori economici, e questo spiega, tra l’altro, “gli stranissimi bonus”, come li ha definiti Barroso, che continuano a essere pagati a manager e banchieri. Un vantaggio che, secondo i calcoli dell’Esecutivo Ue, è pari a circa 18 milardi di euro solo in conseguenza del fatto che il settore finanziario a non è soggetto all’Iva.
L’idea di fondo della Commissione è di compensare, nel bilancio comunitario, gli introiti della tassa europea sulle transazioni finanziarie con una riduzione della cosiddetta ‘risorsa Pil’, ovvero il contributo proporzionale alla ricchezza
nazionale che ogni Stato membro versa alle casse di Bruxelles, e che oggi è pari al 74% delle risorse disponibili (97 miliardi di euro). Nel 2020, secondo il quadro pluriennale di bilancio presentato ieri sera, la tassa sul settore finanziario dovrebbe assicurare, da sola, il 22,7% delle entrate, mentre la ‘risorsa Pil’ dovrebbe scendere al 40,3% (65,6 miliardi di euro).
Loc
© riproduzione riservata