Bruxelles, 18 nov. (Apcom) – Giocare a scacchi su un bilancia a ventisette piatti. E’ lo sport che si pratica ancora in queste ultime ore a Bruxelles, una pratica tutta interna alla Ue, che ha i suoi riti e i suoi campioni. L’obiettivo della partita è ottenere le poltrone più potenti, quelle che potranno garantire un buon ritorno nei cinque anni a venire. La fine della partita è però diluita nel tempo, e solo tra qualche settimana si potrà capire bene come è andata. Dopo i mesi di riscaldamento comincia questa sera alle 18 la parte ufficiale con il vertice dei capi di Stato e di Governo che dovranno trovare un accordo politico sui nomi del prossimo Presidente permanente dell’Ue e dell’Alto rappresentante per la politica estera, che diventerà anche vice presidente della Commissione. Una riunione che qualcuno si attende lunga, perchè si entra senza un accordo.
Queste cariche però non sono avulse dal contesto, nel quale si dovranno anche dividere i portafogli della prossima Commissione europea e qualche altra carica di vertice qui e là. Ad esempio i vertici dell’Eurogruppo e della Bce, benchè in scadenza tra oltre un anno, saranno tenuti in considerazione.
In queste settimane i nomi per i candidati da decidere sono piovuti da ogni parte, sono state fatte esegesi sulle congiunzioni e sulle pause usate dai leader europei interpellati sull’argomento, si è spesso interpretato un “no” come un “sì” mascherato per ragioni tattiche. La situazione al momento è che si arriverà al vertice con un mazzetto di nomi più quotati, 7-8, tra i quali probabilmente ci sono i due giusti, accompagnato da una fioriera di nomi noti e anche al momento sconosciuti.
La coppia oggi più citata è quella composta dal belga Herman Van Rompuy e dall’italiano Massimo D’Alema. Avrebbe tutte le caratteristiche per essere quella vincente, presidente popolare di un piccolo paese dell’Europa centrale, (tra l’altro fondatore della Ue) e Alto rappresentante socialista e sostenuto da un governo di centrodestra, di un paese grande, del Sud (anche questo fondatore dell’Ue). Per certi aspetti però questa stessa coppia ha dei limiti, per chi voglia vederceli. Il più evidente è che nessuno dei due è una donna, e la pressione per avere più donne al vertice della Ue è forte. Van Rompuy ha il limite di essere pressochè sconosciuto, anche in Europa, e quindi porlo al vertice dell’Unione potrebbe lasciare qualche perplessità. I britannici poi lo vedono come “troppo federalista” e questo è per loro un grande difetto.
D’Alema è un “ex comunista”, categoria difficilmente definibile, che si plasma su come la vuol vedere chi la usa. Nei Paesi dell’Est qualcuno la usa in senso ampio. Sul fronte donne il panorama è molto misero al momento. E’ Sulla bocca di tutti il nome dell’ex presidente lettone Vaira Vike-Freiberga, una conservatrice ma senza partito, che si è candidata da sola per la presidenza. Ha il vantaggio di essere donna, ma non è mai stata premier,
condizione ritenuta necessaria per fare il presidente dell’Ue. C’è poi una ricca lista di candidati Presidente che viene sfogliata ogni giorno, dall’olandese Jan Peter Balkenende, popolare, (ma che era premier anche quando l’Olanda bocciò la Costituzione Ue nel 2005), all’austriaco popolare Wolfgang Schuessel (che però aprì all’estrema destra quando era premier tra il 2000 e il 2007) a Tony Blair, fortemente voluto dal suo governo, ma che non trova altri sostegni, nemmeno nel Pse, anche perchè sostenne la guerra in Irak e perchè la Gran Bretagna è fuori dall’euro e da Schengen.
Un candidato con qualche credenziale in più potrebbe essere il lussemburghese Jean-Calude Juncker, presidente dell’Eurogruppo, uno dei padri dell’euro. Contro du lui gioca il fatto di essere per alcuni paesi “troppo” europeista e che i francesi lo accusano di non aver saputo reagire tempestivamente alla crisi economica.
Per il posto di Alto rappresentante i candidati sono meno. Oltre D’Alema la lista comprende in pratica solo la laburista britannica Catherine Ashton, ora commissario Ue al Commercio, ma la sua è una candidatura nata come riserva della riserva: se Blair non passa Londra potrebbe puntare su questa poltrona, ma se David Miliband continuasse a dire “no” allora potrebbe toccare a lei. Ha il vantaggio di essere donna, ma non è mai stata ministro degli Esteri. Ma da una parte della stampa viene accreditato anche il nome dello spagnolo Miguel Angel Moratinos, attuale ministro degli Esteri di Madrid, benchè il premier Jose Luis Zapatero e lo stesso interessato smentiscano a chiare lettere. Tra l’altro è praticamente impossibile che due iberici siano presidente (Jose Manuel Barroso) e vicepresidente della Commissione.
L’equilibrio tra “destra e sinistra, Nord e Sud, Est e Ovest, tra grandi e piccoli Paesi, tra uomini e donne è difficile”, ha ammesso il premier svedese e presidente di turno della Ue Fredrik Reinfeldt, il quale da giorni ripete di avere “molti più nomi che posti da assegnare”. Proprio su questo il giovane premier riceve però alcune accuse, prima solo dai britannici e ora anche da altri. “E’ una ottima persona, seria, trasparente, ma come negoziatore fino a questo momento non si è mostrato molto brillante”, dice una fonte diplomatica. L’accusa è proprio quella di “aver lasciato trapelare troppi nomi, di non aver saputo tenere le fila della questione”.
Come si diceva poi agli incarichi di Presidente e di Alto rappresentante sono poi legati quelli dei portafogli dei commissari. Se prendi l’Alto rappresentante non puoi avere un altro commissario. Se prendi il presidente sì, però non può essere uno di primo piano. Questo porta i governi a riflettere, e di fatto favorisce i piccoli Paesi che difficilmente hanno portafogli di peso per il posto di Presidente. Per i grandi invece il gioco è rischioso, infatti non a caso nessuno ha un candidato alla presidenza, tranne i Britannici, che potrebbero però far pesare la bocciatura di Blair per ottenere qualcosa in più tra i commissari. Il posto di ministro degli Esteri Ue è decisamente più ambito, tra i due è quello “vero”, quello che ha potere e prestigio (anche se probabilmente meno potere di un commissario al Mercato interno o alla Concorrenza) e questo fa sospettare che qualche Paese grande possa avere un candidato nascosto, da esibire solo all’ultimo momento.
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