Alessandro è un cuore che batte ancora. Forte, vigoroso, produttivo. Uno di quelli fatti per andare in bicicletta, trasportare la maggior quantità possibile di ossigeno ai polmoni e quindi scattare, mangiandosi un chilometro dopo l’altro: il ragazzo di 17 anni di Torino, che ieri lo ha preso nel proprio petto, ora avrà la forza per viaggiare anche controvento. Perché capita di doverlo fare, in corsa e nella vita.è una foto che oggi guardano tutti: c’è lui,
affacciato a una finestra, che incrocia lo sguardo con quello del suo gattino. Leggendo nei suoi occhi, ti sembra – almeno per un attimo – di avere la fantastica illusione di conoscerlo, di poter riportare indietro il calendario di qualche salvifico foglio: appaiono limpidi, timidi, buoni, curiosi. Pieni e lievi, senza contraddizione. «Era davvero così Sandro?» chiedi a chi ha dentro il suo stesso sangue e che in questi giorni sta combattendo come un leone, donando forza agli altri quando dovrebbe essere il contrario e proteggendo i propri cari e il loro dolore da ogni turbativa esterna. La risposta conferma l’oggettività dello scatto: «Era così, un ragazzo molto timido, uno che non sprecava le parole. Ma sapeva essere divertentissimo».
Il nostro Alessandro vive nel ricordo di suo cugino, un collega che ama raccontare con passione senza pari le emozioni di una strada che tutt’un tratto si fa ripida, da affrontare in piedi sui pedali. La sua strada e quella di tutti coloro che non lo hanno più vicino – mamma Daniela, papà Davide e la sorella Serena – martedì scorso è diventata un Mortirolo esistenziale fatto di rampe sempre più stroncanti: la caduta nella cartiera abbandonata, la flebile speranza che è andata a spegnersi, la fine di tutto nel giorno di Natale. Eppure questa famiglia di Cassano Magnago oggi sta cercando di gestire il proprio ingestibile dolore nel modo che avrebbe reso orgoglioso Alessandro: all’esterno di quella cortina che in questo momento non va scalfita nemmeno per sbaglio, si colgono solo riserbo, compostezza, unità. E tanta dignità.
L’unico messaggio che arriva dai genitori del diciottenne che il cielo ha chiamato a sé ha la forza di essere destinato agli altri. Suonando talmente potente da struggere: il loro pensiero va a chi ha ricevuto i suoi organi e a chi li riceverà, nella speranza che ogni intervento vada per il meglio. Il dono di Alessandro, che il destino ha voluto scrivere nella storia di questo Natale, è allora il dono di una comunità intera. Non c’è retorica, o se c’è è inevitabile: il miracolo di una vita che continua anche nella morte è la sola mano capace di tenere ben saldo in sella chi ora piange lacrime senza altra, possibile, consolazione.
In sella bisogna stare perché in sella viveva Alessandro. Non solo quando correva nelle gare che lo hanno visto vincente protagonista in una carriera giovanile iniziata nel 2004 con il Velo Club, proseguita poi nella SC Fagnano Nuova e in procinto di trasformarsi in dirigenziale (avrebbe fatto il direttore sportivo, insegnando ai bimbi l’arte e la gioia della fatica).
Sandro usava sempre la bici, la utilizzava per andare in oratorio, per spostarsi con il suo gruppo di amici, per percorrere i sentieri della sua giovinezza. Le due ruote erano una passione nata quasi come diritto di suolo: pensi a Cassano Magnago e ti viene in mente , il figlio più illustre di questa cittadina del Varesotto. L’idolo di Alessandro. Si conoscevano come succede in quelle favole in cui il campione è un essere umano che vive tra la sua gente: Ivan per Alessandro Giani non era una semplice foto da tenere sul comodino, anche se era bellissimo guardarlo attraverso di essa; non era solo un esempio di virtù e bravura sui pedali, quelli su cui anche Alessandro si alzava, forte di una struttura fisica non dissimile da quella di Ivan (alto, longilineo, non per questo poco potente). Era un amico. Ed amico è stato in queste ore strazianti, vicino alla famiglia con chiamate e messaggi costanti che si sono uniti a quelli di un paese intero. Scioccato, incredulo, commosso. Spaesato.
Ieri sera c’è stato il rosario in suo ricordo. Ha sostituito lo spettacolo “Un’ora per la vita”, che ogni anno, proprio a Santo Stefano, i ragazzi di Cassano inscenano per beneficenza nel teatro dell’oratorio. Non una coincidenza, come non lo è stato l’espianto degli organi nel giorno di Natale: le ultime impronte di Alessandro in questo mondo terreno hanno profumato di vita come un fiore appena sbocciato a primavera. Di quelli meravigliosi che trovi quando si scioglie la neve, in montagna, appena dopo una salita.