Un arbitro. Un uomo. Entrambi fuori categoria.
Un arbitro: inizio attività nel lontano 1985, 685 partite dirette in Serie A, internazionale, vecchia guardia che ha saputo travalicare i cambiamenti del basket e rimanere sulla cresta dell’onda professionale.
Un uomo. Quello che traspare dalle parole di chi oggi lo piange, di chi oggi ricorda un estraneo necessario (quale può essere all’inizio un arbitro per un giocatore, un allenatore, un presidente, un tifoso) diventato con il tempo amico. Conta la consuetudine, conta l’anima, conta il carattere e il modo di fare: il basket c’entra poco, il basket è solo un mezzo.
Gianluca Mattioli, scomparso giovedì sera a Murcia (dove si trovava per dirigere una partita di Basketball Champions League), all’età di 49 anni (ne avrebbe compiuti 50 fra pochi giorni), per colpa di un virus che non ha dato scampo alla sua ancora giovane vita, ha lasciato pietrificato chi con lui per anni, per decenni, ha volato sulle ali di una passione comune. Anche a Varese o nei cuori di chi a Varese resterà per sempre legato.
Ierinon aveva, non poteva avere, la solita espressione sorridente che normalmente accoglie i giornalisti nella conferenza stampa pre-partita del venerdì. La sua Openjobmetis, gli avversari di Sassari, le spiegazioni tecniche: ogni cosa è passata in secondo piano davanti all’esigenza di comunicare tristezza, sorpresa, dolore. «Vorrei innanzitutto dedicare una doverosa parentesi a Gianluca – ha esordito il coach pavese – La sua improvvisa mancanza è una tragedia che mi ha scosso e il primo pensiero va alla sua famiglia.
Non dico che con lui siamo cresciuti insieme, ma quasi: sono tante le volte in cui ci siamo confrontati sul campo, faceva parte della vecchia guardia. Nel periodo che ho trascorso a Pesaro (Mattioli era della città marchigiana ndr) ho avuto modo di frequentarlo anche fuori dal campo e di apprezzarlo come persona: era gioioso, sereno. Lo stimavo e lo apprezzo per tutto quello che ha fatto: mi mancherà condividere con lui la passione per la pallacanestro».
«Era un amico – dice , che ha conosciuto e frequentato Mattioli da massofisioterapista di Varese e Nazionale e negli ultimi anni anche da addetto agli arbitri della società biancorossa – Con lui c’erano confidenza e consuetudine, derivanti dalle tante occasioni vissute insieme nel corso degli anni. Gianluca era molto simpatico, alla mano, per nulla permaloso o distaccato come il ruolo professionale poteva imporgli. Se ne è andato troppo giovane e io non posso far altro che essere dispiaciuto e scosso».
Emozioni che si ripetono e non potrebbe essere diversamente. Il dolore impregna anche il ricordo del consigliere d’amministrazione biancorosso : «Sono molto addolorato perché lo conoscevo molto bene e avevo sempre avuto con lui un ottimo rapporto personale. Oltretutto ci eravamo sentiti non più tardi dell’anno scorso: l’avevo messo in contatto con un’azienda che cercava una sponsorizzazione per gli arbitri. Sono davvero molto dispiaciuto ed addolorato».
«Questa è una mancanza che sento tanto sia dal punto di vista professionale che da quello umano, della persona e dell’amico – è invece il commiato pubblico di coach – Anche se non avevamo modo di frequentarci tanto, condividevamo chiaramente la stessa passione per la pallacanestro e lo stesso modo di vedere le cose. Da parte mia il pensiero va soprattutto alla famiglia: Gianluca mancherà a tutto il mondo del basket, ma ancora di più a sua moglie ed alle figlie».
L’arbitro, l’uomo: «Con lui era sempre possibile avere un certo dialogo, al di là dei ruoli che si potevano avere durante una partita. Era piacevole starci assieme perché era spesso spiritoso ed ironico. Adesso mi fa solo male ricordarlo, ma tra di noi c’era anche una pseudo scommessa su chi avrebbe smesso prima la propria attività professionale. Ripeto, solo pensare a questa cosa ora mi fa male, ma era allora un modo di scherzare sulla nostra anzianità di servizio, io come allenatore e lui come arbitro».