Aprire un centro iperbarico all’interno dell’ospedale “Causa Pia Luvini” di Cittiglio; la proposta è del Comitato sorto per la salvaguardia del nosocomio del Verbano.
Fino a pochi mesi fa, un centro di medicina iperbarica è stato attivo a Laveno Mombello, ma dopo un lungo tira e molla, che ha coinvolto anche la magistratura, il presidio è stato chiuso, privando il territorio di un prezioso servizio. «Un ipotetico servizio di medicina subacquea e iperbarica posto all’interno dell’ospedale di Cittiglio avrebbe grandi potenzialità» sottolinea il Comitato in una nota, dove si ricorda il contesto geografico in cui sorge il nosocomio cittigliese. «L’ospedale – prosegue il Comitato – è vicino a una decina di specchi d’acqua, dal lago Maggiore, al lago di Varese, fino a quello di Monate; questa specialità potrebbe conferire al Causa Pia Luvini specifica valenza, poiché le camere iperbariche più vicine sono a Milano o a Fara Novarese in Piemonte».
Non è solo la questione geografica a corroborare la proposta avanzata dall’associazione. «L’unità operativa di Ortopedia e Traumatologia recentemente riaperta potrebbe trattare anche le fratture a rischio, che sono una specifica indicazione all’ossigeno terapia iperbarica, distinguendosi così dalle altre unità operative presenti a Tradate e Luino» prosegue il Comitato, che rammenta come «la letteratura scientifica sia concorde nell’auspicare la sede di trattamento iperbarico presso un centro ospedaliero, onde evitare che le difficoltà logistiche possano interferire sulle indicazioni al trattamento».
La gestione dei casi di disbarismo o di intossicazioni da monossido di carbonio richiedono personale esperto. «Situazioni che possono essere gestite più facilmente se la camera iperbarica è attigua a un pronto soccorso – afferma il Comitato – Ricordiamo che il pronto soccorso di Cittiglio è dotato di una sala per la gestione avanzata delle emergenze; un centro iperbarico interno faciliterebbe poi l’iter diagnostico di alcune tipologie di pazienti, a partire dai diabetici e potrebbe essere per una volta un caso di “buona sanità”».