Se non lo si conoscesse, difficilmente si direbbe che si tratti, prima di tutto, di un giornalista. Già, perché il suo stile inconfondibile evade dalla mera cronaca, il ritmo narrativo incalzante con frasi pronte a evocare emozioni, il suo “raccontare storie” equivale a tuffarsi dentro un dipinto di pregiata fattura, accompagnati per mano dalle pennellate dell’artista Federico Buffa.
Teatro Sociale di Busto Arsizio, 31 marzo 2017. Federico Buffa in “Le Olimpiadi del 1936. Si apre il sipario. Il tempo si ferma, l’intera platea viene catapultata in quell’estate, nella Berlino fomentata dall’avanzata della razza ariana. Con l’imminente arrivo dei giochi olimpici, pensati come ulteriore strumento utile ad accrescere il consenso popolare, il regime fece costruire imponenti arene per ospitare i giochi, sapendo che gli occhi del mondo intero erano fissi sulla capitale tedesca. Tuttavia, il sistema propagandistico creato della dittatura venne abbattuto da un solo uomo: un afroamericano di umili origini, di nome J. C. Owens, invitato calorosamente a non partecipare a quelle Olimpiadi per ragioni ovvie. Decise di andarci. Diventò leggenda grazie ai 4 ori che conquistò in soli 45’, il tutto sotto gli occhi di Adolf Hitler.
Le Olimpiadi di Berlino hanno visto come un solo uomo sia riuscito a mettere in ginocchio un’intera Nazione, un’ideologia. Parliamo di un granello di sabbia contro una montagna. Tutti sappiamo come è andata a finire, le intenzioni propagandistiche e di esaltazione della razza ariana di Hitler e Goebbels vennero azzerate da una delle storie più affascinanti che solo lo sport sa regalare. Dunque questo episodio, affidato alla memoria come il primo atto di risposta al nazismo, non può che evidenziare la potenza dello sport, capace di scardinare le losche intenzioni della Berlino dell’epoca.
Soprattutto l’atteggiamento è cambiato. Una volta gli sportivi, di qualsivoglia disciplina, erano parte integrata della popolazione, contraddistinti da pacatezza e umiltà, indipendentemente dalla nazionalità d’appartenenza. Oggi invece, parlando di atleti di fama internazionale, si configurano come semi-dei, lontani e ben staccati dalla quotidianità.
Il cestista statunitense Chuck Jura per la sua lunga carriera nella pallacanestro italiana degli anni ’70 e ’80, e poi, essendo milanista, non posso che citare 2 giocatori che mi piacquero sin dall’infanzia: il goleador Pierino Prati e il grande Franco Baresi.
Molto. Dico sempre che lo sport e la politica sono due strade che spesso, a volte troppo, si avvicinano procedendo fianco a fianco, ma quello fa la differenza, sono i contenuti, ovverosia le storie dei protagonisti, degli uomini capaci di sbaragliare le incessanti pressioni della politica con audacia e coraggio: da Owens negli anni ’30 fino alla protesta silenziosa del giocatore di football americano Colin Kaepernick, senza dimenticare l’eroe del podio di Citta del Messico ’68 Tommie Smith.
Bella domanda. Forse il fatto di offrire spunti di riflessione ai più giovani. Attraverso il teatro è sicuramente più facile stimolare la curiosità del pubblico, di modo che, quando torna a casa, vada a leggere qualcosa sulle gesta epiche accadute soltanto il secolo scorso.
Senza peccare di modestia, non ho ricevuto critiche feroci. Potrei dire la negazione del complimento che ho appena detto, perché, come ogni opera teatrale, se non si suscita un’emozione, un interesse piuttosto che un sentimento, allora lo spettacolo non varrebbe il prezzo del biglietto.