In un momento in cui fa notizia più di un limite che i vedenti s’inventano per i non vedenti, è successo nella mia a Gallarate e nella civilissima Londra, in questo nostro appuntamento voglio scrivervi di chi come me in questa rubrica scrive per niente limitato dal fatto di non vederci.
Oddio, io scrivo quello che mi passa nella testa mentre questo è uno scrittore vero che ha scritto un romanzo vero. E’ stato presentato all’ultima Fiera Del Libro di Torino ed esce in questi giorni in forma cartacea e digitale. Titolo: Il Cervo Rosso, editore Booksprint.
E’ romanzo di narrativa scritto da Carlo De Angelis, un ragazzino quasi settantenne cieco dalla nascita. Una storia molto bella e interessante è anche quella della vita di Carlo che da giovane ha convissuto con la cecità: era la fine degli anni ’60, quelli della ribellione dei giovani, quelli delle B.R. quelli degli ideali. E l’autore in quel periodo studiava, diventava fisioterapista, si sposava con una donna ipovedente e insieme facevano due figli. Pensare che io sono stato lasciato da qualche fidanzata proprio perché non vedente e quindi meno funzionale nella costituzione di una famiglia.
Una coppia di non vedenti, di tutta risposta, ha allevato due figlie che probabilmente non sarebbero così sensibili e determinate se i genitori che le hanno cresciute avessero visto. Successivamente i due si sono divisi, Carlo ha vissuto un lungo periodo da solo per poi sposarsi nuovamente.
Al centro del romanzo troviamo le donne che, secondo la sua esperienza, hanno più sensibilità e si sono dimostrate più pronte nell’abbracciare lui e la sua cecità.
Dal mondo femminile ha avuto un consenso generale assai gratificante e questo gli ha regalato una marcia in più nell’affrontare le difficoltà. Il gentil sesso: tema decisamente attuale in questa epoca di stalking e delitti passionali; come scrive nel libro: ci dev’essere una ragione se sono loro le prescelte dalla natura per dare origine all’umanità.
Carlo sostiene che c’è stato un momento, durante la stesura, in cui i protagonisti del romanzo si sono impossessati di lui contribuendo al prosieguo della storia.
Pur non essendo autobiografico, il vissuto dell’autore è uno dei segreti della riuscita del libro. Particolare attenzione è dedicata alla casualità, intesa come disegno nel quale ci si trova a costruire la propria vita: una parte è occupata dal destino, serie di eventi che prescindono dalla volontà del singolo. Pari importanza riveste l’agire di ognuno di noi, accanto a quel destino, scegliendo ogni giorno come tratteggiare di proprio pugno il disegno per dare forma alla nostra esistenza. Ecco che il De Angelis, in quello che chiama «breve passaggio sulla terra», sceglie di servirsi della positività per dare forma al comportamento dei propri personaggi e, in realtà, di tutta la sua vita.
Nel rispetto e nella tolleranza del pensiero altrui si cerca di creare le condizioni per un modus vivendi che offra ad ognuno di noi la serenità. D’altronde non si diventa padre di famiglia, fisioterapista e scrittore se non si è positivi, a maggior ragione con la menomazione della vista. Filone principale che muove i protagonisti del racconto è la costituzione di una scuola di musica; questo perché, secondo l’autore, la musica, come le altre forme d’arte e di cultura, rappresenta una delle strade maestre per migliorarsi come individuo. «La musica affina l’anima», fa dire a una delle figure principali del romanzo, proprio a sottolineatura di questo nobile concetto. Libro da non perdere; come è stato bello non perdere la storia di Carlo che nel suo «breve passaggio sulla terra» sta lasciando le impronte di una persona realizzata e serena nonostante una grave difficoltà oggettiva.