Sicuramente vi sarà capitato, tra una pagina web e l’altra, di intravedere qualche personaggio famoso che si fa tranquillamente rovesciare un secchio d’acqua ghiacciata addosso. Tutto molto divertente certo: non capita spesso di vedere i vari Bill Gates, Mark Zuckerberg, Lebron James, Alex Del Piero,
Nole Djokovic contorcersi e urlare per sopportare i brividi causati dal ghiaccio sulla schiena e, ancora fradici, nominare altri tre personaggi a compiere lo stesso folle gesto.
Ma la domanda è: perché?
Molti di voi già sapranno che questa iniziativa mondiale (sono già più di 2.400.000 i video realizzati) ha in realtà uno scopo ben più nobile che suscitare la risata di un divertito utente. Ma partiamo dall’inizio.
Tutto nasce lo scorso 15 luglio, giorno in cui Chris Kennedy, un semplice golfista della Florida, riceve la sfida da un amico: la Ice Bucket non ancora legata alla SLA, ma era una generica sfida volta a promuovere raccolte di fondi per opere benevoli di qualsiasi tipo. È proprio Chris Kennedy, una volta versatosi la sua bella dose di ghiaccio sulla schiena, a far incontrare la bizzarra usanza con una tra le malattie più terribili che ci siano (“la Stronza” secondo Stefano Borgonovo): Chris nomina infatti una sua amica, moglie di un malato di SLA, al quale dedica la raccolta fondi, e posta il video su twitter: è il debutto sul web della competizione che ora è diventata mondiale.
Chris abita in un paese piccolo, in cui tutti si conoscono e, visto il carattere benefico dell’iniziativa e visto anche il caldo torrido della Florida a luglio, tutti gli amici lo ripropongono, condividendo il loro video sul web. L’hashtag (se non sapete cosa vuol dire, è spiegato perfettamente QUI) che accompagna le performance è #StrikeOutALSPelham (letteralmente facciamo fuori la SLA a morsi). Grazie alla facilità di condivisione dei social network, la sfida lanciata da Chris supera facilmente i confini del suo piccolo paese natale,
sale la costa ovest degli Stati Uniti e arriva fino a New York. È un giorno come tanti per Pat Quinn, un altro malato di SLA, quando aprendo il suo facebook si accorge di essere stato nominato. Non è certo il tipo che si tira indietro e, in uno dei pochi momenti in cui la malattia gli da’ tregua, decide di farlo. Non è così divertente come se lo immaginava: l’acqua ghiacciata gli blocca i muscoli, non gli permette di muoversi, lasciando completamente cosciente il cervello. Questa è una sensazione che Pat conosce bene: è ciò che prova quotidianamente, quando “La Stronza” gli attanaglia i muscoli, non facendoli più rispondere ai comandi che un lucidissimo cervello invia.
Ed è qui che entra in gioco il terzo personaggio: Pete Frates. Pete è un grande amico di Pat, è stato un famoso giocatore di baseball professionista (capitano della prima squadra del Boston College) ma adesso è malato di SLA. Pete però ha un carattere forte ed è un grande attivista della lotta alla malattia. Soprattutto Pete ha un grandissimo seguito online di amici, ricercatori, attivisti che, comprendendo le potenzialità che quella sfida, nata come un gioco, avrebbe nel portare alla ribalta la lotta contro una malattia terribile. Cosa fanno quindi? Guardatelo nel video di presentazione della ESPN (Pete è il ragazzo in carrozzina che arriva a 6:09).
È il 31 luglio: l’ice bucket diventa davvero virale. Il passo fino a diventare epica è davvero molto breve. Rimbalzando su migliaia di profili facebook la sfida arriva fino ai VIP di ogni tipo.
Ma ciò che conta, si diceva, non è la risata. La ALS Association, l’associazione a cui arrivano le donazioni dei partecipanti alla sfida, ha già ricevuto oltre 15 milioni di dollari dallo scorso fine luglio. L’anno scorso ne avevano raccolti poche decine di migliaia nello stesso periodo. E pensare che bastava prendersi a secchiate.
E Varese? Iniziamo noi, con la nostra bella secchiata d’acqua e ghiaccio: e siccome ormai la regola vuole che chi si sottopone a questa sfida alla fine debba nominare tre nuovi partecipanti, noi ne nominiamo uno. Che però, vale per tre.
© riproduzione riservata