«Il Varese non finisce». Non è finito due estati fa, non è finito due settimane fa, non è finito venerdì, non finirà oggi e nemmeno domani. Per capirlo basta un sabato mattina che è come gli altri, anche se all’apparenza sembra diverso dagli altri. Un sabato mattina in cui, prima di varcare il cancello, il Franco Ossola pare più grigio, il Sacro Monte soffia un vento più freddo del solito, sulla sud volano corvi gracchianti. Meglio entrare,
sperando di trovar conforto per l’occhio, melodia per l’orecchio, profumo per il naso.
«Il Varese non finisce». Basta mezza salita e il groppo in gola sparisce in un sospiro di sollievo e familiarità. C’è mister Paoletta Florio, che ti accoglie con un sorriso mentre pensa al pomeriggio che, come sempre, passerà tra i suoi bimbi. Alle sue spalle, fuori dal campetto dedicato al professor Speroni, due amici e cuori biancorossi si abbracciano, mentre dentro il campetto due amici (Marco Caccianiga e Federico Fumagalli) e cuori biancorossi guidano i loro nanerottoli, fieri, felici e urlanti nelle loro piccole divise del Varese e del Morazzone. C’è aroma di caffè che esce dal bar, dove Yvonne batte tutti sul tempo offrendo il “giro” di energetico nero.
«Il Varese non finisce». Basta passare sotto al tunnel e sbucare alla rete, dove trenta tifosi sono riuniti: nei loro discorsi il passato è lezione, il presente fiducia, il futuro speranza. E si parla (anche, come sempre) del più e del meno, di serate e di diete, di donne e di trasferte. Un occhio in campo e c’è il Frontini ad accoglierti; il Cunati, che va su e giù dagli spogliatoi; il prof Improta, che prepara gli ostacoli; Merlin e Vago, che osservano dalla panchina; i ragazzi, che si stringono in cerchio intorno a Baiano.
«Il Varese non finisce». Perché è bastato un confronto occhi negli occhi con il Vanoni per andare avanti, ancora, insieme. E all’una i suoi ragazzi sono già sul trattorino a tirare il campo, pronto per oggi, quando tutti insieme ci ritroveremo per la partita. E se da fuori il Franco Ossola vi sembrerà grigio, entrate: il Varese non è finito. Perché «il Varese non finisce».