Dislessia, non un handicap da nascondere ma un problema che può essere risolto. È l’Istituto Enrico Fermi di Castellanza ad accendere i riflettori su un problematica che spesso tende ad essere nascosta, non accettata. Scambiata per scarsa voglia di studiare o peggio per incapacità dello studente.
Se ne parlerà alle 20.30 di domani nella sede dell’istituto di via Cantoni 89 a Castellanza durante un incontro moderato dal nostro che vedrà due relatrici di grande esperienza.
«, nostra docente che si è specializzata negli anni nel seguire studenti dislessici, e, psicologa – spiega, preside dell’istituto che aggiunge – Il nostro, a livello scolastico, è un percorso durato anni. Oggi abbiamo gli strumenti per riconoscere la dislessia e studiare dei percorsi affinchè gli studenti affetti da questo disturbo possano raggiungere un eccellente livello di apprendimento». Il Fermi ha raggiunto un grado di specializzazione che non è da poco e certo non è da tutti. Questo perchè in molti casi la dislessia tende ad essere nascosta dalle stesse famiglie dello studente oppure a non essere riconosciuta con effetti devastanti per il ragazzo.
«Un giovane dislessico che non riesce a leggere, oppure impiega anni ad imparare le tabelline nonostante i suoi sforzi può essere additato come fannullone. O peggio come poco intelligente – spiega Morlacchi – Questo avrà effetti pesantissimi sull’autostima dello studente. Che si convincerà di non essere in grado di farcela rinunciando così a esprimere un potenziale magari altissimo».
L’incontro al Fermi è per questo rivolto in particolare ai familiari dei ragazzi e ai docenti. «Noi sappiamo – prosegue Morlacchi – non solo individuare il problema, ma anche trovare il giusto metodo di apprendimento». Come? «Attraverso schemi di studio che inizialmente sono i docenti a creare – dice la preside – e che poi sarà lo stesso studente a pianificare applicandoli al proprio percorso scolastico e di apprendimento». E i risultati si vedono: giovani studenti arrivati al diploma prima e alla laurea poi con successo. «A settembre o ottobre – conclude Morlacchi – vorremmo organizzare un secondo incontro stavolta con una neuropsichiatra affrontando l’argomento da un punto di vista più scientifico».