Una rete violenta che non fa prigionieri. Accade così che un uomo malato, in due ore si trasformi in un mostro armato e pericoloso. Roba da giornalisti sciacalli? No, roba da social e WhatsApp. I giornalisti si sono informati, perché informarsi è il loro lavoro, il cosiddetto popolo della rete invece no, s’è abbandonato al qualunquismo. E ha fatto danni. A un uomo vero, a una famiglia vera, che ieri ha fatto sapere quanto male tutta questa democrazia online ha causato.
Tre giorni fa infatti è accaduto che il malato si allontanasse dall’ospedale di Cittiglio prima che terminasse l’iter per sottoporlo a trattamento sanitario obbligatorio. Polizia e carabinieri l’hanno trovato l’altro ieri notte, riportandolo in ospedale, senza che il “malvagio” torcesse un capello a qualcuno. Per la cronaca: non era armato. Eppure in due ore nella serata di mercoledì migliaia di persone si sono viste arrivare sui cellulari messaggi WhatsApp e notifiche Facebook che mettevano nero su bianco nome, cognome, modello d’auto, targa e foto (presa da un documento ufficiale) di un uomo malato. Additato come, citiamo testualmente, armato e pericoloso. Armato di falcetto e coltello, inizialmente qualcuno palesava una motosega. Un racconto non corretto, che anche ieri, nonostante la verità fosse emersa, continuava a girare. La paura dell’uomo nero, a quanto pare, crea dipendenza. Quelli diffusi sono tutti dati sensibili, non pubblicabili. Prima domanda: chi ha fornito queste informazioni alla massa? Seconda domanda: resteranno tutti impuniti? Nel dubbio riadattiamo una vecchia battuta: è la rete, bellezza. Wanted: dead or alive.