BERNA – La crisi del Credit Suisse è “una vergogna”, “uno scandalo storico”, costellato da “errori” e “lentezze”. I titoli della stampa elvetica riflettono lo shock della Svizzera che della solidità delle sue banche ha sempre fatto un vanto, oltre che uno dei suoi pilastri economici, ora messo a dura prova dal collasso del Cs e dalle sue ‘nozze’ forzate e a prezzi stracciati con Ubs.
Il “Corriere del Ticino” arriva a definire il Cs “un rottame radioattivo” e la Neue Zuercher Zeitung lo descrive come “una banca zombie”. Per la “Tribune de Geneve”, la crisi del Cs è “un disastro sociale, economico e una vergogna politica per i dirigenti che sono stati troppo lenti a reagire”. I troppi errori, le tergiversazioni, le mezze-bugie e le goffaggini hanno avuto la meglio di “una banca leggendaria che ha perduto la sola qualità non negoziabile di una banca: la fiducia”. Il risultato è che oggi la Svizzera di ritrova più piccola, dopo avere ricevuto “una sberla al suo orgoglio”.
‘Le Temps’ punta il dito contro le autorità elvetiche, accusandole di avere aspettato troppo prima di intervenire. Sulla stessa linea il Blick, secondo cui “la Svizzera ha dormito troppo a lungo mentre il Credit Suisse scivolava verso la sua rovina”. Il quotidiano si stupisce che le autorità, ma anche le altre banche svizzere non siano intervenute prima, evitando di arrivare alla debacle di una soluzione d’emergenza.
La “Liberté” si preoccupa per le conseguenze occupazionali dell’operazione, che saranno senz’altro “indispensabili”, ma anche “dolorose”. E’ saranno amare anche le ricadute per i contribuenti, visto l’intervento pluri-miliardario delle autorità confederali. Per le pubblicazioni del gruppo Tamedia si tratta di uno “scandalo storico”, con tutti i vantaggi per Ubs, mentre i danni li pagheranno i dipendenti e i contribuenti.
Per la ‘Neue Zuercher Zeitung‘, “la Svizzera si è certo sbarazzata di una banca-zombie, ma si è svegliata con una banca-monstre”, visto che la Confederazione si ritrova con una banca, cioè Ubs post integrazione con Cs, che ha un bilancio totale pari a due volte la performance economica del Paese. I giornali del gruppo Ch Media parlano di “una catastrofe”, che non avrebbe mai dovuto accadere, dopo il salvataggio di Ubs nel 2008 e convogliano le accuse verso gli ex-Ceo e amministratori “incapaci” che hanno fatto finire nel baratro una banca con 167 anni di storia, un istituto “leggendario” che ha finanziato la costruzione della altrettanto leggendaria rete ferroviaria svizzera e in cui il 40% delle Pmi svizzere ha un conto. Quella di ieri – riassumono le testate del gruppo – è stata “una domenica nera”.
Per il ‘Corriere del Ticino”, “alla fine, come in un sequel di un film già visto quindici anni fa e con quasi gli stessi attori protagonisti, l’intervento – che si spera risolutivo – è quello della mano pubblica”, visto che mentre “Ubs (il privato) acquisisce il Credit Suisse, è la Confederazione (lo Stato) con un pacchetto di sostegno non indifferente che ha agevolato, per usare un eufemismo, il fidanzamento tra i due colossi finanziari. Per poco più di tre miliardi di franchi in titoli,
Ubs si porta a casa una banca che in tempi normali teoricamente ne varrebbe decine di più”. Il quotidiano di Lugano a sua volta deplora i “gravi errori commessi nel passato che ha ridotto l’istituto a quello che è oggi: un rottame radioattivo che se lasciato alle intemperie del mercato avrebbe causato danni ancora peggiori al sistema finanziario nazionale e internazionale” e si chiede, al tempo steso, “come può l’unione di due banche sistemiche definite ‘too big, to fail’ evitare l’emergere di un rischio ancora maggiore”.