Serve uno statuto dei frontalieri. Per questo le organizzazioni sindacali che rappresentano i frontalieri hanno indetto un incontro con i parlamentari e i consiglieri regionali eletti nelle circoscrizioni di Varese, Como e Sondrio.
Obiettivo: arrivare a un documento permetta a questa categoria di lavoratori di essere rappresentata e tutelata nell’ambito dei negoziati internazionali.
«Ogni giorno in Italia 80mila lavoratori attraversano i confini per andare a lavorare: sono i frontalieri, le cui particolari condizioni di vita e di lavoro, a cavallo di due Paesi, – chiariscono i promotori – li rendono misconosciuti ai più e, a seconda dei momenti e delle circostanze, diventano talvolta oggetto di grosse campagne mediatiche oppure cadono nel più completo dimenticatoio».
Il fenomeno, nelle sole province di Como (14mila) e Varese (oltre 16mila), interessa più di 30mila lavoratori, e il Canton Ticino, considerando anche la provincia di Sondrio (4mila) e i lavoratori che risiedono oltre la fascia di 20 chilometri dal confine, è il più grande datore di lavoro della Lombardia. Una presenza rilevantissima eppure non riconosciuta sotto il profilo giuridico, non esistendo una visione unica e condivisa sul quadro di diritti e doveri che disciplini queste persone.
Per questo motivo organizzazioni sindacali e patronati di Italia e Svizzera (Cgil, Cisl, Uil, Acli, Unia e Ocst), che hanno presentato il 19 febbraio scorso il Manifesto del lavoratori frontalieri ai candidati delle elezioni nazionali e regionali del territorio, si sono incontrati oggi (lunedì 15 luglio) con i parlamentari e consiglieri eletti nelle circoscrizioni di Varese, Como e Sondrio.
L’appuntamento ha rappresentato un passo in avanti verso la creazione di uno statuto che diventi il punto di riferimento, per chiunque governi, per portare avanti negoziati internazionali in grado di produrre accordi bilaterali con i Paesi di confine che prevedano specificatamente una disciplina del lavoro frontaliero.
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