Usa/ Presidenziali 2012: i candidati repubblicani – scheda

New York, 4 ott. (TMNews) – Con l’annuncio di oggi del governatore del New Jersey, Chris Christie, che ha deciso di restare fuori dalla gara, sono otto i candidati repubblicani alla nomination presidenziale per il 2012.

Ecco, nell’ordine in cui li ha messi il più recente sondaggio Washington Post / Abc News, una scheda sui candidati.

Mitt Romney – Nato nel 1947 a Detroit, in Michigan, è di fede mormone. Nel curriculum, oltre ad essere stato governatore del Massachusetts, vanta esperienze di top manager. E punta sul classico profilo di uomo di successo, con la fama di fare miracoli soprattutto nelle situazioni disperate. Nel 1999, quando è stato nominato responsabile delle Olimpiadi invernali di Salt Lake per salvare i giochi dal disastro annunciato, è riuscito a eliminare il deficit di 379 milioni di dollari in tre anni. Ha promesso che, se sarà eletto, darà precedenza su tutto all’occupazione. Ma a infastidire gli elettori repubblicani, oltre alla religione che non è gradita a molti cristiani evangelici, potrebbe essere una delle sue azioni politiche di maggiore successo da governatore del Massachusetts: una legge per estendere la copertura medica a circa 500.000 persone. Un affronto per il Tea Party, apertamente contrario alla sanità pubblica.

Rick Perry – Il governatore del Texas James Richard ‘Rick’ Perry ha solide credenziali conservatrici e alle spalle anni di forte crescita economica nello stato che guida dal 2000. Texano doc, nato nella cittadina di Paint Creek nel 1950. Ex ufficiale dell’aeronautica (pilotava i quadrimotori da trasporto C-130 Hercules), sposato con Anita Thigpen, compagna delle elementari, ha due figli e un insolito passato da democratico: oltre che deputato è stato anche alla guida della campagna elettorale per le primarie democratiche di Al Gore, prima di passare dall’altra parte. Detesta Obama al punto di aver ventilato perfino la secessione del Texas dagli Stati Uniti, e non è al di sopra di sospetti di razzismo. E’ favorevole alla pena di morte e all’insegnamento nelle scuole della teoria creazionista, secondo la quale l’evoluzione darwiniana non è vera. e contrario all’aborto e all’unione tra persone dello stesso sesso: ma sull’immigrazione è piuttosto permissivo.

Herman Cain – Passato in un mese dall’oscurità al podio, l’imprenditore e unico afroamericano tra i candidati repubblicani è vicino alla frangia anti-tasse del Tea Party e si distingue per la proposta ‘9-9-9’: 9 per cento fisso di imposte sul reddito per tutti, 9 per cento di tasse sugli utili delle aziende e 9 per cento di Iva nazionale. 66 anni, non ha mai ricoperto una carica politica: ci ha provato nel 2004 con il Senato della Georgia, ma è stato sconfitto pesantemente. Uomo d’affari di successo, ha risollevato le sorti della catena di fast food Burger King, prima di essere nominato amministratore delegato della catena di ristoranti Godfather’s Pizza, incarico che ha lasciato nel 2002. Successivamente ha fatto anche apparizioni televisive come commentatore su Fox News (ha anche un suo programma in una radio di Atlanta).

Ron Paul – Deputato di lungo corso del Texas al Congresso, Ronald Ernest ‘Ron’ Paul è l’alfiere indiscusso della corrente più libertaria del partito repubblicano. Il più anziano tra i candidati alla presidenza, nato a Pittsburgh nel 1935, è ginecologo. Ha 5 figli, uno dei quali è l’oculista Rand Paul, senatore del Kentucky ritenuto uno dei volti emergenti della politica Usa, vicino come il padre alle posizioni antitasse del Tea Party. Paul senior rinuncia ai finanziamenti statali perché provenienti dalle odiate tasse.

In economia punta alla crescita attraverso la rimozione di pressoché tutte le regole sull’impresa, la riduzione drastica delle tasse e della spesa pubblica e persino l’abolizione della banca centrale. Ma da ultrà libertario critica duramente anche quasi tutti gli altri repubblicani: vuole l’abolizione di Cia, Fbi e di tutti gli apparati statali che ledono secondo lui le libertà individuali. La coerenza con le idee di libertà lo porta a posizioni curiose non solo per l’America: è contrario all’aborto ma anche all’ingerenza dello stato nella decisione individuale di abortire, vuole la liberalizzazione completa degli stupefacenti compresa l’eroina, ed è per il no secco alla pena di morte. Posizioni che ne fanno un beniamino dei ‘Libertarians’ di tutte le età che lo votano entusiasti, ma un candidato impossibile per la presidenza. Tanto più che in politica estera è a favore del non intervento e per il ritiro immediato delle truppe americane da qualsiasi parte del mondo, impiegandole invece per combattere l’immigrazione clandestina ai confini. Ha proposto di eliminare ogni tipo di sovvenzione a Israele, e vuole l’uscita degli Stati Uniti da qualsiasi organizzazione internazionale comprese la Nato e le Nazioni Unite.

Newt Gingrich – 68 anni, è stato presidente della Camera dal 1995 al 1999, quando si scontrò duramente con Bill Clinton finendo però per esserne sconfitto. Viene considerato l’intellettuale del partito repubblicano, e propone una ricetta vicina alle radici più liberiste del partito. Ha fatto parlare di sé durante la campagna elettorale perché il suo intero staff si è dimesso in massa in giugno denunciando lo scarso impegno del candidato. Si è poi scoperto che aveva un conto da mezzo milione di dollari dalla gioelleria Tiffany’s. A una lunga e travagliata storia politica si aggiunge quella personale a metterlo potenzialmente in difficoltà: ha lasciato la prima delle tre mogli, una sua ex insegnante del liceo, quando era malata di cancro, per sposarsi con l’amante.

Michele Bachmann – La deputata del Minnesota è la candidata più vicina al movimento del Tea Party, le cui posizioni antitasse e contro il governo federale sostiene con entusiasmo; nota anche per le sue posizioni ultraconservatrici sui temi sociali. Nata nel 1956 a Waterloo, in Iowa, è devota cristiana evangelica. Sposata con Marcus Bachmann, compagno di college diventato psicologo e fondatore di una clinica di ‘recupero per gay’ in cui cerca di ‘guarire gli omosessuali’. La coppia ha 5 figli naturali e ne ha avuti addirittura 23 in affido.

Rick Santorum – Richard John Santorum, detto Rick, è stato senatore della Pennsylvania dal 1995 al 2007 ed è uno dei politici più arciconservatori d’America. Classe 1958, è padre di sette figli ed è italo-americano da parte del padre e del nonno materno. Cattolico, ben visto dagli elettori più conservatori per la posizione radicale contro l’aborto, la ricerca sulle cellule staminali e i matrimoni omosessuali. Come Perry, nega l’insegnamento della teoria darwiniana in favore del creazionismo evolutivo.

Jon Huntsman – Jon (senza h) Huntsman, ex governatore dello Utah e ambasciatore americano in Cina fino a pochi mesi fa, è figlio del ricchissimo imprenditore Jon Huntsman Sr., ideatore dei contenitori di polistirolo dei panini di McDonald’s. Nato nel 1960 e cresciuto in California, ha abbandonato il liceo per un anno per fare il tastierista rock prima di riprendere gli studi. Mormone come Romney, dopo la laurea è partito per due anni per Taiwan come missionario, dove ha imparato il cinese (sia il mandarino che il taiwanese, unico tra i candidati a parlare la lingua della potenza emergente). È sposato con Mary Kate, con la quale ha avuto 5 figli naturali e due adottati, una Cina e l’altra in India. Repubblicano moderato, rifiuta nettamente gli attacchi a Obama che caratterizzano tutti i suoi rivali per la nomination. L’unica critica diretta al presidente è rivolta alla politica economica intrapresa dall’attuale inquilino della Casa Bianca. ‘Rispetto i miei colleghi repubblicani e rispetto il presidente degli Stati Uniti’, ha detto, ‘abbiamo differenti opinioni sul modo di aiutare un Paese che entrambi amiamo. Ma la risposta che vogliamo dagli elettori è chi potrà essere il miglior presidente, non chi sia il miglior americano’. Una moderazione che potrebbe però costargli cara in un’elezione che sembra dirigersi verso una forte polarizzazione. Inoltre, il fatto di essere stato il diplomatico più importante di Obama gli sta costando punti presso la base più intransigente del partito.

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