«Uso il dialetto anche via WhatsApp. Le scuole? Ditelo alla burocrazia…»

La famiglia Bosina a caccia di giovani: parla il nuovo presidente Luca Broggini

Da sessant’anni esatti sono i paladini della varesinità e del dialetto – non per niente hanno come simbolo San Vittore a cavallo – salvaguardano tradizioni e sagre, pubblicano un “Calandari” con mille notiziole utili e riferimenti alla storia del nostro territorio, e premiano ogni anno il miglior rimatore in vernacolo. La Famiglia Bosina cerca di rinnovarsi, innanzitutto ai vertici, con un “resgiò” fresco di nomina, l’architetto Luca Broggini, in carica dallo scorso settembre, e il suo vice,

il “massée” Giuseppe Micalizzi, dentista di Bobbiate, e un consiglio di cinquanta-sessantenni composto dall’informatico Daniele Praderio, da Cristina Iotti, amministratrice, Beatrice Sonzogni, pierre, Carlo Bosoni, Roberto D’Amario, lo storico Robertino Ghiringhelli e il medico Marco Broggini, che collaborano a portare il verbo nei rioni. Fondata nel 1955 e animata già da allora dal geometra Augusto Caravati, poi “resgiò” per anni, la Famiglia Bosina è la depositaria del nostro dialetto, anche se lo stesso Broggini lo conosce più per sentito dire che per pratica diretta, visto che al nostro piccolo test ha risposto piuttosto evasivamente. «A casa un po’ lo parliamo, soprattutto mia mamma che ha 86 anni. Io uso qualche espressione tipo “sa vedum” o “a che ura te finisset?” e spesso comunico in questo modo con gli amici via WhatsApp. Comunque in Famiglia Bosina il dialetto scorre abbastanza spesso, soprattutto tra i più anziani. Trentenni da noi ce ne sono pochi purtroppo, il 30-40 per cento dei circa cento iscritti ha più di 50 anni». E anche se il “resgiò” (prendiamo per buona la grafia del Banfi) non conosce il significato di “morisnà” (ammorbidire) o “donna bolgironna” (imbrogliona), poco importa, la cosa positiva è la passione e l’impegno che Broggini e i suoi mettono in campo per conservare e incentivare la conoscenza del dialetto locale. «Lo facciamo con il concorso annuale per il poeta bosino, attraverso la selezione dei migliori componimenti in vernacolo che dovranno arrivare alla libreria Canesi di piazza Giovine Italia a Varese entro il 19 dicembre alle 19. I primi tre saranno premiati il 28 gennaio al Salone Estense, in occasione della Festa della Gioeubia, dopo il giudizio della giuria composta da Paola Barlocci, Giuseppe Carcano, Giovanna Gervasini, Livio Ghiringhelli, Robertino Ghiringhelli ed Ettore Pagani. Abbiniamo la premiazione alla festa perché dire donna è dire poesia, ogni suo vezzo o atteggiamento è potenzialmente un verso». I bosini hanno tentato di portare i poeti nelle scuole, perché uno dei giurati, Giuseppe Carcano, è il preside del liceo scientifico, ma la burocrazia italica è implacabile: «Occorre fare domanda per tempo al Provveditorato agli studi, c’è tutta una trafila che speriamo di compiere per tempo il prossimo anno. Intanto coviamo la speranza che qualche liceale scriva in dialetto e ci mandi la poesia per il concorso. Per il momento ho invitato a partecipare al bando anche i poeti di Cittiglio e Laveno, che mettono spesso in scena testi dialettali», dice Broggini. Per il libraio antiquario Roberto Canesi, che della Famiglia Bosina è parte dal ’96, «è fondamentale che i poeti vernacoli vadano nelle scuole, non soltanto a leggere ma anche a raccontare la nostra storia. I giovani non possono perdere l’uso del dialetto, molti lo capiscono ma non lo parlano mai, a differenza di ciò che avviene nel Canton Ticino».