Valle Olona – Inizialmente lo avevano chiamato “Fagnano Olona Central Park”. Poi – potere della rete – il gruppo spontaneo di facebook è stato convertito in “Valle Olona Central park” in modo da coinvolgere un territorio più ampio nel concepimento di un grande parco che sia allo stesso tempo naturalistico e turistico. L’idea è quella di sfruttare e valorizzare le risorse che più caratterizzano l’area che si affaccia sul fiume: ovvero l’acqua, la natura e le archeologie industriali.
Fondato poche settimane fa, il gruppo conta già di 200 partecipanti; sulla bacheca del social network ognuno può dare il proprio contributo ma l’obiettivo è quello di passare al più presto dal virtuale, al reale, dando vita ad un progetto concreto che coinvolga cittadini, amministrazioni comunali, ente parco e anche le aziende attive nel fondo Valle. Un po’ come è successo a metà del 1.800 a New York: da qui il nome del gruppo. Prima della riqualificazione, il parco statunitense era una semplice area verde abbandonata con la presenza di cave, avvallamenti, paludi e baracche abusive. Su spinta dei cittadini, il sindaco di allora fece un vero e proprio miracolo.
«Paragonare la Valle Olona a New York è sicuramente azzardato – commenta Luca Rogora, uno dei fondatori del gruppo – ma l’idea di fondo è la stessa. Nel nostro territorio il processo di riqualificazione e naturalizzazione è già in corso ma crediamo si possa fare molto di più». L’ambizione dei cittadini è quella di rendere il parco fruibile e a misura d’uomo, attraverso la realizzazione di luoghi di aggregazione, come radure verdi dove fare pic nic e leggere all’aria aperta, o di strutture sportive, come aree attrezzate per montain bike o pareti per arrampicata.
Ma non solo: «Vorremmo recuperare energia dai salti del fiume, creare nuovi sentieri, valorizzare sorgenti, biotopi ed edifici storici – annuncia Rogora – Si potrebbe partire da un censimento degli stabili dismessi, molti dei quali sono di proprietà privata, per un loro recupero a fini sociali o ricreativi». Da una parte, quindi, il coinvolgimento delle aziende attive sul territorio, che potrebbero sponsorizzare economicamente l’iniziativa; dall’altra la valorizzazione e il riutilizzo delle archeologie industriali, di cui la valle vanta molti esempi. Come la Cartiera Vita Mayer, il colosso che giace abbandonato nel fondovalle di Cairate. «Crediamo non sia un’utopia – conclude Rogora – ma un progetto realizzabile con la collaborazione di tutti. Stiamo prendendo contatti con sindaci e industriali. Ovviamente dobbiamo prima valutare e discuterne la fattibilità, ma il progetto sta prendendo forma».
Valeria Arini
p.rossetti
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