Il servizio civile diventerà «servizio civile nazionale universale». Sarà aperto anche agli stranieri e coinvolgerà fino a centomila giovani tra i 18 e i 26 anni ogni anno.
È il progetto contenuto nel Civil Act, promesso da , e chi a Varese si occupa di volontariato e servizio civile spera che questa sia davvero «la volta buona», come recita il mantra del presidente del Consiglio.
Perché il servizio civile è stato, anche a Varese, un notevole spunto di crescita per il terzo settore, per le associazioni di volontariato, ma anche per alcuni ambiti dell’amministrazione comunale.
Istituito nel 2001, in tredici anni il servizio civile ha coinvolto più di trecentomila ragazzi tra i 18 e i 26 anni, di cui 14.142 in servizio in questi mesi. Negli anni, però, l’istituto ha subito delle notevoli contrazioni, e questo ha bloccato i progetti di molte associazioni, e messo in difficoltà i Comuni, soprattutto i più piccoli, che potevano contare su manodopera di fatto a costo zero.
Palazzo Estense recluta volontari del servizio civile dal 2002. Ma se all’inizio in via Sacco sono stati accolti quasi sessanta ragazzi, con l’ultimo bando il Comune si è dovuto accontentare di 38 volontari. È andata peggio alle associazioni: «Negli anni passati siamo riusciti ad ottenere anche quaranta volontari, distribuiti nei vari progetti su tutto il territorio provinciale – racconta, referente provinciale di Arci Servizio Civile, una rete di associazioni che si uniscono per presentare all’Ufficio nazionale per il servizio civile i progetti in cui impegnare i volontari varesini – Negli ultimi due anni invece, con i tagli pesanti subiti dal servizio, i nostri progetti sono stati giudicati validi, ma non finanziabili. Quindi da due anni non abbiamo volontari del servizio civile».
La carenza di fondi, imposta soprattutto dai tagli alla spesa pubblica del Governo Monti, ha quindi messo in seria difficoltà il terzo settore anche nel nostro territorio. I servizi comunali seguiti dai volontari hanno subito una contrazione: senza i ragazzi gli orari si riducono e la qualità di servizi del settore sociale, ambientale e culturale cala drasticamente. Anche perché un volontario, che riceve uno stipendio di circa 400 euro direttamente da Roma, lavora trenta ore settimanali, solo sei in meno rispetto ai normali dipendenti comunali: un bell’aiuto, anche se si tratta di persone da formare e da affiancare. I Comuni, quindi, si ritrovano con dei giovani dipendenti in più, il cui stipendio però è pagato dallo Stato centrale: agli enti locali restano i costi della formazione e della messa in pratica dei progetti.
Per le associazioni la situazione è più complicata di quella dei Comuni: «Dobbiamo rinunciare in toto a far partire progetti – spiega Minazzi – perché non abbiamo le risorse umane per portarli avanti. Se il Civil Act di Renzi manterrà le promesse, sarà un vantaggio per tutti: per il terzo settore, perché troverà nuova linfa vitale, ma soprattutto per i ragazzi, che potranno partecipare ad attività formative da tutti i punti di vista. Perché il servizio civile forma per il lavoro, ma soprattutto forma cittadini attivi, assolutamente consapevoli e desiderosi di collaborare al miglioramento della società. Tutte cose che non si esauriscono certamente alla fine dell’anno di volontariato, ma che durano per tutta la vita, arricchendo i ragazzi e la società tutta».
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