Varese chiama «Salviamo la Quiete». Roberto Maroni ascolti la sua città

La Sanità lombarda è imbarazzante come un cappotto di cachemire strappato, scriveva 15 anni fa un collega dal talento superiore. Erano gli anni dei piccoli tagli, di Formigoni messo in discussione talvolta ma sempre padrone. Erano gli anni antecedenti le indagini sulla sanità lombarda, quelle che hanno coinvolto Mario Mantovani e Fabio Rizzi (vedremo come finirà), eppure c’era già dell’imbarazzo. Perchè? Perché Regione Lombardia aveva smesso di fare ciò che un ente (politico) deve fare: dare ascolto alla gente.

Sono passati 16 anni e la Lega Nord ha perso Varese. Ma la gente continua a parlare e a chiedere. La Quiete è un tema. O meglio “salviamo La Quiete” è un tema. Un tema che ha molto a che fare con la sanità. E con la città. Sanità cittadina. Sanità varesina. E da più fronti, da medici e pazienti, chiamano ancora in campo quella sanità fonte di imbarazzo. La sanità lombarda. Che dall’imbarazzo oggi potrebbe togliersi. Quanto meno a Varese. Il mittente della richiesta ha un nome e un cognome: Roberto Maroni. Varesino, al quale i varesini si rivolgono. Si parla di distacco dalla politica. Disinteresse dei cittadini. Astensionismo folle che getta le città nelle mani dei nemici. Bene. Oggi Varese ha scelto di interessarsi. Di interessarsi alla sua clinica. Alla sua salute. Maroni in passato si è speso per il Circolo. Oggi la gente, quella che poi se non dai retta mette in atto il voto di protesta (che non è più leghista), chiede a Regione Lombardia, chiede a Maroni di intervenire. Non fosse altro, trattandosi di una clinica privata, di fare da garante affinchè la prossima acquisizione non si traduca in un fallimento. Letterale e giudiziario. Ma l’interlocutore tace. E la gente se ne va.