VARESE L’affitto è troppo caro e i varesini si trasferiscono in campeggio. Sono sempre di più le famiglie che optano per la soluzione low cost sulle rive del lago. Sono trentacinque solo quelle che si sono stabilite al camping di Azzate/Buguggiate. Chi già da qualche anno e chi da pochi mesi, hanno fatto fagotto delle loro cose per spostarsi nelle roulotte. Mischiate ai turisti, le famiglie vivono nelle case mobili che ormai sono diventate vere e proprie villette in vetroresina o legno che hanno inglobato le roulotte,
e usufruiscono dei servizi che il camping offre: piscina, campi da calcio e tennis, e animazione per i bambini.
Ma non è proprio come essere in vacanza. Bagni comuni lontani da casa, poca privacy e la perenne sensazione di precarietà. «Questa è stata per noi l’ultima spiaggia – racconta una famiglia che vive al campeggio di Azzate/Buguggiate da otto mesi – Mio marito ha perso il lavoro e abbiamo dato fondo ai nostri risparmi per continuare a pagare l’affitto. Quando non potevamo più permetterci un appartamento, ci hanno parlato del campeggio e ci siamo trasferiti. Trecento euro mensili per trentotto metri quadri, contro le settecento che spendevamo prima. Non è il massimo ma ci permette di far fronte anche alle altre spese e non impegniamo tutto nel canone». Stessa situazione anche per le altre famiglie. «Ottenere un alloggio popolare è praticamente impossibile e in qualche modo ci si deve arrangiare. Qui abbiamo avuto la possibilità di non pagare nulla di caparra, cosa che chiedono per gli appartamenti, e il contratto lo possiamo rinnovare mensilmente. Da una parte è comodo, dall’altra però hai sempre quella sensazione di precarietà che non ti permette di vivere serenamente».
Risolto il problema spese, però, bisogna fare i conti con la quotidianità della vita in campeggio. «Non è stato semplice adattarci alla “nuova vita”. Perché di questo si tratta: cominciare una nuova esperienza che con la vita di condominio non c’entra proprio nulla. Il cambiamento è stato repentino e radicale e ancora oggi non ci siamo adattati – continua – Sono poi le piccole cose, quelle legate all’abitudine e alla quotidianità, che hanno creato i problemi maggiori. Il bagno, per esempio, è la cosa che manca di più. Dover uscire di casa per raggiungere i servizi comuni, anche nel cuore della notte e magari con i bambini piccoli, è un’impresa. Per noi fortunatamente non è stato così, perché la nostra “casetta” ha i servizi, ma non tutte ne sono dotate. D’inverno poi è tutto più difficile. Le tubature dell’acqua ghiacciano e per un mese siamo rimasti senza, i muri sono sottili e il freddo e l’umidità sono insopportabili».
Mancano le «comodità» ma anche quelle che ci sono devono essere gestite in modo diverso. «Quasi tutte le sistemazioni sono dotate di acqua e corrente ma non si possono usare come a casa. Quindi, un po’ per necessità e un po’ per regolamento abbiamo imparato a fare attenzione a tutto. Se prima lasciavamo la televisione spenta con la spina inserita, oggi la leviamo e la rimettiamo ogni volta che la guardiamo. Se accendere la luce era un gesto naturale entrando in una stanza, ora la corrente la usiamo col contagocce. Anche gli elettrodomestici vanno gestiti con criterio, uno per volta e mai tutti insieme».
Valentina Fumagalli
(gli approfondimenti, le analisi di sindacati e imprenditori, la situazione alloggi in città sul giornale in edicola oggi, venerdì 27 agosto)
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