Varese e il cinema tra pretori e mecenati

Il bel Capitale Umano, il deludente Pretore, l’artigianale Scherzi. E ora Mister Ignis. La Varese del Cinema e della fiction vive una vera e propria Primavera. Altalenante dal punto di vista artistico, ma senz’altro efficace da quello della valorizzazione (o del marketing, termine detestabile quanto calzante).

Nel film di Virzì il nostro territorio funge da scenografia simbolica di un settentrione operoso e iperattivo, ma decadente sul piano etico. Non a caso, alcune delle sequenze più significative del film immortalano, sullo sfondo, la decrepita Caserma Garibaldi. Nella maldestra favoletta di Giulio Base Varese si riduce a un semplice panorama: un orpello estetico senza alcuna funzione allegorica. Colpa di una sceneggiatura piuttosto misera, di una regia scolastica e di attori che alternano la verve caricaturale di Pannofino all’inconsistenza recitativa degli altri protagonisti (rimediata, ma solo a tratti, dalla maggior incisività di alcuni comprimari).

Peccato. Perché se c’è un autore capace di esaltare il ruolo del territorio quale motore narrativo quello è proprio Piero Chiara. Fu grazie a lui, e all’intesa perfetta che ebbe con giganti quali Risi, Lattuada e Tognazzi, che la grande commedia italiana scoprì la potenza meta testuale della provincia, del lago, della terra che assurge a co-protagonista degli eventi. Una sorta di osmosi descrittiva che nel Pretore, purtroppo, è stata completamente sacrificata.

Intanto, al Multisala Impero, è andata in scena l’anteprima nazionale di Scherzi, opera prima dei fratelli Alessandro e Stefano Damiani, insieme a Paolo Franchini. Un film piccolo, sperimentale, povero di mezzi e ricco di idee. Realizzato tra Varese e Malnate, trova nell’amore per il cinema il limite dell’eccessivo citazionismo, tipico dei talenti cresciuti a pane e celluloide, ma sintomo di una forte predisposizione al racconto filmico.

Non sfugge, infatti, la padronanza con cui gli autori costruiscono il perimetro dello sguardo, alimentando la giusta tensione e dimostrando una già consolidata esperienza nella gestione dello spazio e dei corpi narranti. Ed eccoci, infine, a Mister Ignis. Tratta dal libro di Gianni Spartà, la storia televisiva di Giuan Borghi andrà in onda domani e martedì, in prima serata, su Rai Uno. Per lungo tempo ci siamo chiesti che fine avesse fatto e sappiamo che la fase produttiva della fiction è stata a dir poco travagliata. Oggi, però, ci piace pensare che nulla accada per caso e che sia proprio questo il momento più giusto per la sua diffusione. Quella del Cumenda è una Varese diversa.

La Varese (e l’Italia) del boom, dei mecenati, delle moto e degli aerei. E di elettrodomestici che significavano ricchezza, realizzazione personale, status symbol. E’ la Varese in cui borghesia faceva rima con prestigio, creatività, lungimiranza e, in una certa misura, onnipotenza. Oggi tutto questo è passato, trascorso, rimpiazzato da catene straniere e capannoni dismessi, identità offuscate da troppi anni di relativismo industriale.

Allora, cari varesini, accomodatevi in poltrona e godetevi Mister Ignis. Perché lì, tra un’inquadratura e l’altra, ci siete anche voi.

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