Lampi d’immensità nei quali dispensa la sua intelligenza e quel tiro, ragazzi, quel tiro che sembra costruito in laboratorio per quanto è perfetto. Nel terzo periodo cambia la storia, poi un fallo stupido lo toglie dalla partita troppo presto, quando l’aveva presa in mano.
Sembra nato per giocare qui, ora. Perché a questa gente piace vedere giocatori come lui: sempre per terra a caccia di palloni impossibili, dominante a rimbalzo. E per ora a far canestro ci pensano gli altri.
Due bombette cercate e trovate nel momento più brutto. Questo è il suo lavoro, e giù applausi. Nel quarto periodo gli si chiede altro vista l’assenza di Rautins, nei supplementari deve stare in campo perché gli altri sono fuori. E ci sta bene.
Segna da lontano, cosa che non fa parte del suo bagaglio. Però qualche palla persa di troppo, qualche balbettio nella gestione di ritmo e squadra: i campi in cui dovrebbe dominare. Sbaglia il libero che avrebbe dato la vittoria, e c’è da mangiarsi le mani. Perché nel supplementare li mette tutti.
Ci saremmo aspettati sfracelli da parte sua. Almeno in attacco, vista la leggerezza del suo diretto avversario. La zona di Reggio Emilia gli dà fastidio come uno sciame di zanzare, lui si affida alle soluzioni estemporanee rese possibili dai suoi garretti. Ha la partita in mano, e fa la fesseria imperdonabile che rovina tutto. E no, non va bene.
Dentro, dentro nella mischia quando vale tutto e tutto deve valere. E lui mette ogni cosa, al di là di talento e tecnica, roba da strapparsi i capelli.
Male. Perché ci sono stati almeno due o tre momenti della partita in cui c’era bisogno di lui. Serviva si prendesse la squadra in mano e portasse a casa questa maledetta partita. Ci prova, certo: ma sbaglia.
“Intangibles”: gli americani le chiamano così. Son quelle cose difficili da vedere. Rimbalzi, palle recuperate, zompi e qualche sana legnata. Tutte cose che ti fan vincere le partite. Ecco: ieri Kangur ha fatto un sacco di queste cose qui. E non ha mai alzato bandiera bianca.
Ancora minuti in campo, ancora senza paura. Anche quando è un casino, là sotto, e lui non può che far fatica.