Dodici punti in classifica contro quattordici. Una vittoria nelle ultime cinque partite contro quattro sconfitte consecutive. Una squadra che deve ancora inserire l’ultimo acquisto (la guardia australiana Chris Goulding) e che è arrivata addirittura a perdere durante la stagione un giocatore per una rissa fuori da un locale (Dyson) contro una pletora di scavigliati, acciaccati, mezzi infortunati.
No, non sarà una festa Manital Torino-Openjobmetis Varese (palla a due ore 18.15): a scontrarsi ci sono due delle formazioni meno convincenti, meno in salute e più problematiche dell’intero campionato. L’ultima e la penultima: potrebbe bastare questa annotazione a chiudere i commenti, ma la classifica corta e la quantità di soggetti ancora coinvolti nella lotta per non retrocedere stanno spesso diventando un alibi per evitare di dire le cose come stanno.
Meglio farlo subito, meglio mettere pressione invece che toglierla,
perché coabitare con Alice nel Paese delle Meraviglie – ragionando di futuro, di presidenti da togliere, da lasciare o da mettere, di campagne elettorali per salvare le cadreghe, di uomini marketing (ma non si sa se ci sono i soldi per prenderli…) e di poteri forti da piazzare nell’area tecnica, di cambiamenti di gm fatti in corsa ma comunicati solo agli amici, di dividere la stampa cittadina in buona, meno buona e cattiva («ce l’avete con noi…»), di carri da cui buttare giù i nemici che in realtà sono parcheggiati chissà dove e non hanno ancora fatto un metro di strada, di lanciare prevendite di biglietti per le sfide di coppa e beccarsi l’ironia dei tifosi sul profilo Facebook (Ma lo leggono ogni tanto in società? Hanno, ai piani alti di piazza Monte Grappa e nel Consorzio, il polso dell’ambiente?) e mille altre “amenità” varie – non pare una dimensione tanto proficua quando bisogna lottare per rimanere in serie A.
Perché scriviamola tutta… Se ci si attacca al fatto che mancano ancora 10 partite (compresa quella odierna) al termine della serie A per non considerare Torino-Varese una gara decisiva, allora tanto vale giocare con l’assurdo: con venti punti ancora in palio anche il primato in classifica è ancora possibile… La verità è che la salvezza 2016 sarà una corsa ad esclusione, un cammino che prevede tante porte per uscire dall’incubo, a patto di essere capaci di aprirne qualcuna. Quella di oggi, per esempio: non sfugga il particolare che espugnare la città della Mole allontanerebbe l’ultimo posto a 6 lunghezze di distanza (quattro certificate dalla graduatoria più le due derivanti dal doppio scontro diretto favorevole) dando il primo scossone a una pratica che non si chiuderebbe di certo, ma che si metterebbe sul giusto sentiero per diventare ampiamente fattibile. Perdere, invece, equivarrebbe a centrarlo, l’ultimo posto.
Ogni ragionamento, ogni critica, ogni previsione lascerà il posto, fra qualche ora, alla volontà di chi scenderà in campo. Varese può costruirsi da sola il proprio destino favorevole, anche se è piena di limiti, anche se è zeppa di atleti in condizioni fisiche non ottimali, anche se non ha ancora trovato la quadra a fine febbraio. Come? Difendendo il suo canestro con più grinta, per esempio. Tremiamo all’idea dello scontro tra Wayns e Dyson, tanto per dirne una, perché non abbiamo mai visto difendere l’americano in questa stagione: e se accadesse un miracolo oggi? Non abbiamo alcuna fiducia in Brandon Davies, nella sua voglia, nella sua lentezza di piedi e proviamo una fifa blu nel pensare a quello che potrebbero fare Eyenga e White (Kangur pensaci tu…) sotto quel canestro: e se ci smentisse? Non professiamo alcuna fede nella mano di Kuksiks, scentrata ogni volta che viene chiamato a infilare una tripla che possa essere decisiva nell’economia di un recupero o di un allungo: e se oggi bucasse la retina come se non ci fosse un domani? Il messaggio è sempre quello: provate a stupirci, ci salvereste.
Vincerà chi avrà meno paura, vincerà chi troverà una buona giornata al tiro (come spesso succede alle squadre modeste che altre armi non hanno), vincerà chi sarà capace di trovare un guizzo frutto della concentrazione, della consapevolezza e della voglia di non mollare. Speriamo non vinca Frank Vitucci, uno da ricordare in piedi sul balcone di piazza Monte Grappa, mentre ringrazia il popolo intento a osannare un sogno appena svanito. Nessuno, in quella piazza, quel giorno, sapeva che a finire sarebbero state le gioie regalate da questi colori, almeno fino a questa ultima e piovosa domenica di febbraio.