ROMA – Oggi, presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), si è svolto un incontro cruciale sulla vertenza Beko, ma i sindacati coinvolti hanno espresso grande delusione per la mancanza di risposte concrete da parte dell’azienda. Nonostante l’incontro, i rappresentanti di Beko non hanno fornito risposte soddisfacenti su alcuni dei temi più urgenti, rendendo sempre più difficile ipotizzare un accordo che possa risolvere la crisi occupazionale.
I sindacati Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil e Uglm hanno criticato aspramente la riduzione insufficiente degli esuberi, che sono passati da 678 a 500 unità. Nonostante la diminuzione, il numero complessivo di esuberi rimane troppo elevato, con forti ricadute in Lombardia, a Fabriano e negli altri stabilimenti del gruppo. In particolare, si contano circa 270 esuberi in Lombardia, 210 a Fabriano e numerosi altri tra gli altri siti produttivi. A questi si aggiungono 1.284 esuberi complessivi, con una significativa incidenza su alcuni stabilimenti, tra cui quello di Siena, dove la chiusura della produzione è prevista entro la fine dell’anno, senza ancora alcuna proposta concreta di soluzioni alternative.
Nonostante alcune dichiarazioni da parte dell’azienda riguardo al piano industriale, che prevede l’assegnazione di nuovi prodotti agli stabilimenti di Cassinetta, Comunanza e Melano, i sindacati hanno chiesto un confronto più approfondito per capire meglio l’impatto degli investimenti e le reali prospettive produttive. A preoccupare ulteriormente i rappresentanti dei lavoratori è anche l’assenza di risposte soddisfacenti in merito agli incentivi all’esodo e agli ammortizzatori sociali, con le proposte avanzate da Beko che risultano inferiori a quelle precedentemente concordate.
Il tema più delicato resta la situazione del sito di Siena, per il quale i sindacati chiedono un intervento pubblico per salvaguardarne la continuità operativa. La riunione decisiva, a cui parteciperanno anche i rappresentanti del Governo, è fissata per mercoledì 2 aprile. I sindacati hanno inoltre chiesto che le Regioni Lombardia e Marche vengano coinvolte per evitare la chiusura dei centri di ricerca, che rivestono un’importanza strategica per il futuro del settore.