Ha visto la luce ieri in Senato, in Commissione congiunta Esteri e Finanze, il testo di ratifica dell’accordo fiscale Italia-Svizzera.
Il documento aggiorna, dopo quasi 50 anni, gli accordi tra lo Stato italiano e la Confederazione elvetica sul tema del lavoro frontaliero e costituisce un nuovo quadro normativo di riferimento che vuole salvaguardare l’economia di frontiera.
“È un grande risultato – dichiara Alessandro Alfieri, primo firmatario del documento – che ci rende estremamente soddisfatti. Il testo approvato oggi è frutto di un lungo percorso di ascolto, confronto e concertazione con le forze sociali e le comunità dei comuni di confine per cui mi sono speso in prima persona”.
Dalla Commissione, il testo dovrebbe a breve passare sui banchi del Senato per poi seguire lo stesso iter nella Camera dei deputati. Una volta accettato dai due rami del Parlamento italiano, il nuovo accordo, che sostituirà quello precedente del 1974, potrà entrare in vigore. Questo dopo una lunga procedura che è partita otto anni fa, nel lontano 2015, coinvolgendo ben sei governi italiani (da Renzi alla Meloni, passando dai governi Gentiloni, Conte I e Conte II e infine Draghi).
L’allora consigliere federale svizzero Ueli Maurer si era detto fiducioso il 18 marzo 2022 – al momento dell’adozione da parte del Parlamento federale (a larghissima maggioranza) del Decreto federale che approva la nuova intesa bilaterale sull’imposizione dei lavoratori frontalieri – che il via libera italiano sarebbe seguito a settimane. Cosa poi non successa, anche a causa della caduta del governo Draghi, nel luglio 2022, che ha ulteriormente rallentato l’iter di approvazione del testo che idealmente avrebbe dovuto entrare in vigore nel gennaio di quest’anno.
Cosa prevede l’accordo?
Il testo tutela i comuni che potranno continuare ad erogare i servizi per i propri cittadini grazie al sistema dei ristorni che rimane garantito e alla creazione di un fondo specifico per progetti infrastrutturali e socioeconomici destinati ai territori di confine. Inoltre, è stato approvato un ordine del giorno che impegna il governo ad innalzare l’indennità di disoccupazione per i lavoratori frontalieri che perdono il posto di lavoro.
Il nuovo accordo è stato firmato il 22 dicembre 2020 a Roma dal segretario di Stato elvetico per le questioni finanziarie internazionali, Daniela Stoffel, e dall’allora viceministro italiano dell’economia e delle finanze, Antonio Misiani.
In Svizzera, a fine 2021, secondo l’Ufficio federale di statistica lavoravano 89’972 frontalieri italiani, di cui 77’732 in Ticino. Con il nuovo accordo, la Confederazione trattiene a questi residenti nella fascia di confine l’80% (oggi poco più del 60% e contro il 70% previsto inizialmente nel progetto del 2015) dell’imposta alla fonte ordinaria prelevata sul reddito dei nuovi frontalieri. Questi ultimi, cioè coloro che fanno l’ingresso nel mercato del lavoro transfrontaliero dopo l’entrata in vigore del nuovo Accordo, saranno tassati in via ordinaria anche in Italia. Gli attuali frontalieri, per contro, manterranno in vigore regime fiscale fino al raggiungimento della pensione. La doppia imposizione verrà eliminata.
Chi è il lavoratore frontaliero?
L’accordo definisce “lavoratore frontaliere” colui che risiede entro 20 km dalla frontiera, lavora come dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato e che, in linea di massima, rientra ogni giorno dal lavoro al proprio domicilio. Stando al messaggio del Consiglio federale, l’intesa sarà sottoposta a riesame ogni cinque anni. Inoltre, una clausola dispone che siano previste consultazioni ed eventuali adeguamenti periodici anche in materia di telelavoro.
Regime transitorio
Alle persone che lavorano o hanno lavorato nei Cantoni Ticino, Grigioni e Vallese tra il 31 dicembre 2018 e la data di entrata in vigore del testo – detti frontalieri attuali – si applica un regime transitorio. Questa categoria di lavoratori continuerà infatti ad essere tassata esclusivamente in Svizzera, la quale verserà ai Comuni italiani di confine fino all’anno fiscale 2033 una compensazione finanziaria pari al 40% dell’imposta alla fonte prelevata nella Confederazione.