Se cadi dall’alto ti fai male; se dai al tuo volo un’altezza razionale, l’atterraggio sarà più morbido.
Avellino-Varese: vietato sognare. E vi spieghiamo subito perché, in attesa di una smentita che sarebbe dolce come il miele e che scompaginerebbe le carte della corsa salvezza. Il pessimismo della vigilia non dipende dalla forza dell’avversario di turno, o almeno non solo. Certo la squadra di Caja oggi alle 18.15 avrà di fronte la seconda della classe, l’unica formazione che ha dimostrato di poter emergere dal piattume di mediocrità alle spalle dell’inarrivabile Milano, peraltro con la stessa arma dei meneghini (seppur –
ovviamente – in scala minore): il mercato. Avellino è un reparto esterni che mette i brividi: Joe Ragland (18 punti di media, 5, 2 assist, 37% da fuori), il neo arrivato David Logan (l’uomo dello scudetto sassarese che ha trovato l’Irpinia dopo la parentesi al Lietuvos Rytas), Adonis Thomas (11,6 punti e il 43,7% da 3) e dalla panchina – tanto per gradire – il califfo Marques Green (7,1 punti più 4,4 assist di media in 20 minuti di utilizzo) e Levi Randolph (11,6 punti e il 42,9% da tre), uno che fino a due settimane fa giocava titolare. Significa, fatta la somma, una gragnola di triple che possono cadere da un momento all’altro sulla testa di chiunque; significa – ma questo le cifre non lo dicono – anche tanto atletismo, personificato soprattutto da Thomas in posizione di ala piccola.
Veniamo ai lunghi: qui Avellino – senza Cusin, out per la frattura del quarto metacarpo della mano destra – è uno dei centri più stazzati della serie A, Kyrylo Fesenko (10,9 punti e 7 rimbalzi), è la bidimensionalità intrisa di classe di Martin Leunen (6,4 punti, 34,7% da 3), è la lotta nel sangue di Andrea Zerini (3,5 punti), 15 minuti di utilità ad allacciata di scarpe. Rifacciamo la somma: i Sacripanti boys possono farti male quando vogliono, come vogliono, dove vogliono.
Ma non è questo il peso che affievolisce la speranza. La zavorra più pesante per Varese è come sempre… Varese. Quale versione al Pala Del Mauro di una formazione che fuori casa ha vinto solo due volte finora (Pesaro e Caserta)? Quella che a Brindisi non è nemmeno entrata in campo? Quella che a Cremona ha fatto saltare i nervi allo stesso Caja? Quella che non ha battuto chiodo a Trento e a Capo d’Orlando? Oppure quella che al PalaMaggiò è stata capace di non disunirsi e strappare i due punti? Le cifre, anche qui, parlano chiaro: lontano da Masnago si perdono 17,2 palloni di media (contro 13) e si prendono sei rimbalzi in meno (40 in casa, 34 fuori), con la valutazione che crolla (69,2 contro 78,3).
Se la Openjobmetis vuole lanciare un segnale, è arrivato il momento di farlo. Tutto parte dalla difesa: ha battuto l’attanagliante ansia con cui si è affrontata Pistoia, può riuscirci anche contro la profondità talentuosa di Avellino.n