La cultura come chiave di volta per il rilancio anche morale della città, abbandonata a sé stessa negli ultimi anni e oggetto soltanto di iniziative sparse, per lo più dovute alle associazioni e a privati, senza uno specifico coordinamento, con idee a volte positive ma disperse dall’assenza di una precisa e mirata comunicazione. Così i varesini si sono rifugiati sui social network, a postare in continuazione vecchi ricordi di una città elegante e culturalmente vivace, con grandi mostre e incontri letterari,
stagioni musicali di rilievo – da Gioventù Musicale al leggendario Autunno Sinfonico- musei e biblioteca parte attiva del tessuto sociale, assessori magari discussi ma fattivi e presenti. Un amarcord che , nuovo assessore alla Cultura e al Turismo arrivato con un doppio trasloco da Roma a Varese passando per Firenze, dovrebbe cancellare per ricostruire con pazienza e volontà la credibilità varesina anche al di fuori delle mura di casa, proiettando la città tra le prime dieci in Italia per qualità di proposte come vorrebbe il sindaco Davide Galimberti. Un “grand commis” dello Stato secondo gli scettici, un burocrate di alta gamma con il torto di non conoscere le molteplici pieghe di chi fa cultura a Varese, spesso volontariamente isolato e critico, le sotterranee invidie e le inevitabili camarille presenti in ogni provincia che si rispetti. Un “super tecnico” secondo gli ottimisti, che lodano la scelta galimbertiana di ignorare i galli nel pollaio varesini e affidare le redini del sapere a un “foresto”, che però di cose varesotte si occupò per tredici anni, dal 1980 al ’93, da Sovrintendente ai Beni Culturali in quel di Milano. Di fatto Roberto Cecchi mantiene il suo aplomb, anche di fronte ai primi attacchi avversari, con la Lega che tira fuori dall’armadio il primo presunto scheletro, l’acquisto (per ben tre milioni di euro pagati dallo Stato, con il suo avallo da direttore generale del ministero per i Beni Culturali) di un crocifisso ligneo attribuito a Michelangelo rivelatosi invece una “sóla” tipo quella delle sculture di Modigliani ritrovate in un canale a Livorno. «C’è una sentenza assolutoria chiarissima del 2005 a dimostrare che non ci fu danno, e avvalora il contrario di ciò che è stato scritto in questi giorni dalla stampa locale», dice l’assessore, studi di architettura a Firenze, dove è nato 67 anni fa, tesi con Piero Sanpaolesi sul restauro dei monumenti, e nessuna parentela con il saggista e critico d’arte Emilio o con il francesista e commediografo Alberto. Roberto Cecchi, sposato con Fiorenza, tre figli, Irene, medico, Lorenzo, laureato in scienza politiche e Marta, designer, ha un curriculum denso e varie onorificenze tra cui la Légion d’honneur, a Castiglione Olona scoprì echi brunelleschiani nella Chiesa di Villa grazie alla cupola “a spina di pesce”, stessa tecnica usata dal sommo architetto per quella di Santa Maria del Fiore a Firenze, e a Varese sovrintese al restauro del Chiostro di Sant’Antonino, in fondo a corso Matteotti.Va in moto, possiede una splendida Bmw 1200R, e ha trovato casa in centro, dove si stabilirà a giorni, smentendo chi pensava non sarebbe stato presente assiduamente in città, la sua vera passione è la lettura, di saggi filosofici e sulla storia dell’arte, lo svago la discesa sugli sci. A chi insinua che sia stato messo lì da Matteo Renzi in persona, oppure grazie ai buoni uffici di Stefano Boeri risponde: «Renzi non lo sento da quattro anni, con Boeri sono amico ma di recente non ho avuto con lui alcun contatto. La mia candidatura è stata posta al sindaco dalla telefonata di un varesino, che preferisce rimanere anonimo». Giudica Varese «una città ordinata, abitata da gente interessante e stimolante, di imprinting milanese», tanto lavoro e divertimenti, e pensa di iniziare a fare sul serio dopo le ferie d’agosto, con la ripresa settembrina dalle rinnovate energie. «Aspetto tutti coloro che vorranno proporre idee e iniziative per la città, siamo qui per questo, occorre una regia, mancata fino a oggi sia nel settore culturale sia in quello turistico».