– Ha amato fino all’ultimo suo marito, standogli accanto ogni ora anche durante la malattia: eppure , vedova dell’ex sindaco leghista , ha diritto solo a una piccola quota della pensione di reversibilità del consorte.
Tutta colpa della cosiddetta “legge anti-badanti”, entrata in vigore nel 2012 e voluta proprio dal Carroccio, con lo scopo di arginare il fenomeno delle straniere approfittatrici, che sposerebbero uomini di una certa età con l’unico obiettivo di avere la cittadinanza italiana e campare poi grazie al vitalizio del marito defunto. Per questo, in base al provvedimento approvato per iniziativa della Lega Nord, chiunque sia convolato a nozze con un coniuge ultrasettantenne e più anziano di 20 anni, alla morte di quest’ultimo, ha diritto all’intera pensione di reversibilità soltanto nel caso in cui siano trascorsi almeno 10 anni dal matrimonio: diversamente, l’importo spettante alla vedova è decurtato del 10% per ciascun anno mancante alla soglia minima stabilita.
È esattamente quello che è accaduto alla moglie di Uslenghi, costretta ora a vivere con appena 600 euro al mese: il popolarissimo “già sindaco”, come amava essere chiamato, è infatti scomparso il 25 giugno 2013, neppure tre anni dopo le nozze, celebrate il primo luglio 2010, quando Egle aveva 40 anni e il marito 72. Da qui la rabbia della cassanese, che ha diffuso una petizione online indirizzata al leader della Lega, , per chiedere di modificare la legge,
invitando gli utenti della rete a sottoscrivere la sua richiesta.
«Chi aveva proposto questa norma diceva che era stata studiata per le straniere: invece colpisce tutte», denuncia indignata la vedova Uslenghi, che esorta i politici a tornare sui propri passi, perché «non si può fare di tutta l’erba un fascio: non tutte le persone che sposano un coniuge più anziano lo fanno per interesse». Insomma, continua Egle, «la mia unica colpa è quella di aver amato un uomo maggiore di me 32 anni: mi sono innamorata di lui quando avevo sì e no 20 anni e l’ho aspettato». Tant’è vero che con l’ex primo cittadino Egle era andata a vivere nel 2005, per poi sposarlo quando Uslenghi era ormai riuscito a ottenere il divorzio dalla seconda moglie: nel frattempo, si è amorevolmente presa cura del futuro marito, colpito da un infarto nel 2008, mentre si trovava tra i banchi del consiglio regionale, e sottoposto per questo a due delicati interventi chirurgici.
Fu proprio dalla stanza dell’ospedale di Circolo di Varese, dove Uslenghi era degente, che i due annunciarono le nozze. Il ruolo di Egle, come tiene a puntualizzare lei stessa, non è mai stato, però, quello di una badante: «Ho amato sul serio Domenico: sono stata al suo fianco anche nella sofferenza perché gli volevo bene». In altre parole, «il nostro è stato un matrimonio vero», rimarca la signora Mela, secondo cui «un sentimento bello e pulito come l’amore non può essere giudicato dalla politica, che non ha il diritto di fissare un limite d’età per poter amare». Ecco perché la vedova del “già sindaco” chiede di modificare al più presto una legge che rappresenta, a suo dire, «un vero e proprio furto: mio marito ha lavorato per una vita, versando allo Stato fior di contributi e adesso io mi ritrovo a vivere con un misero contributo».
L’augurio di Egle è che il suo appello non cada nel vuoto, «così com’è invece accaduto con le e-mail che ho indirizzato al segretario federale leghista e alle quali non ha mai risposto». Ma la cassanese, che ha una tempra di ferro come quella del marito, non è tipo da arrendersi: «Voglio parlare con Salvini e subito».