Volley, storico derby scudetto con l’incognita Havelkova

BUSTO ARSIZIO Il campionato fast food si concluderà come da copione, col derby tricolore. Stralunate da una stagione allucinante, né Busto né Villa vi arrivano al top: brave entrambe, però, a ripigliarsi dai rispettivi inciampi. Brava la Yama a schiacciare il tasto reset dopo la sorpresa di Piacenza, brava la MC-Carnaghi a ghigliottinare l’orgoglio della Foppa. Scucito il triangolino dalle auguste maglie bergamasche, ora tocca a noi: si cristallizza una svolta epocale, preparata e sofferta come ogni rivoluzione che prima cova sotto la cenere e poi travolge lo status quo.

Sulla grande finale che tutti sognavamo, speravamo, pronosticavamo aleggia però un fantasma: quello di Helena Havelkova. Lei a missione compiuta (da spettatrice) sorride, firma autografi, bacia e coccola il collega-fiancé Facundo (giunto al palasport scortato dal mitico papà Hugo: che famiglia, ragazzi). Ma nessuno – forse neppure l’interessata – sa se e come potrà firmare l’atto decisivo. I suoi addominali restano un mistero, l’ostentata serenità non lo dissolve. Le farfalle sono arrivate fin qui senza di lei, confermandosi implacabili nei dentro-o-fuori e scoprendo una grande Meijners: non nascondiamoci però che con Helena, pure a mezzo servizio, la Yama è un’altra cosa. In Spagna, trent’anni fa (Dio come vola il tempo), Bearzot batté i crucchi senza Antognoni e Graziani: ecco, Flo uscita dalla panca è lo Spillo Altobelli di Parisi.

Piuttosto, s’insinua un’impressione che perplime: la Yama rischia di giocarsi lo scudetto pure con Anetona a mezzo servizio. È la più stanca e si vede: non ha l’occhio vispo, in attacco è umana e in difesa – fondamentale che le è notoriamente indigesto – somiglia a Lucy di Charlie Brown, quella che a baseball non becca una palla neanche se le cade a un centimetro dal naso. L’ego smisurato della bisbetica Lucy trova sempre una scusa tombale: Havlickova invece è un pasticcino, sta lì con la manona sul mento come i pargoli sgamati dalla maestra. Datele le vitamine, ché qui si fa la storia.

s.affolti

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