– L’annunciato trasferimento nel 2017 del quartier generale di Whirlpool Emea da Comerio a Pero, nei pressi dell’area Expo, preoccupa anche la comunità cristiana locale. A proporre una riflessione sul delicato tema è stato il parroco don , il quale, nel suo intervento domenicale sull’informatore parrocchiale, ha affrontato il delicato argomento. «Pur non essendo giunta inaspettata, la notizia ha colpito un po’ tutti» sottolinea don Maurizio, che ha avuto modo di ascoltare le preoccupazioni dei fedeli, sia sul futuro lavorativo legato soprattutto all’indotto, sia sul destino dell’area industriale che si trova nel cuore del piccolo paese.
«Sulle rive del lago di Varese – riprende il parroco – è nata la leggenda di e della Ignis, simbolo del boom economico italiano; vedere trasferito alle porte di Milano il centro direzionale della multinazionale che ne ha raccolto l’eredità nel mondo, è qualcosa che non lascia indifferente la comunità». Non è ovviamente soltanto una questione di cuore; in gioco c’è il futuro del tessuto economico locale che inevitabilmente grava attorno a Whirlpool. «I timori sono soprattutto per la ricaduta che tale scelta può
avere per l’economia del territorio – osserva don Maurizio – dal momento che molte sono le piccole aziende che gravitano attorno al gruppo americano». Anche il prevosto ha letto con attenzione la lettera che la presidente di Whirlpool Emea ha inviato al vicepresidente della Provincia . Una missiva contenente rassicurazioni sia sulla volontà di tutelare l’indotto locale, sia sulla prosecuzione della produzione di elettrodomestici nello stabilimento di Cassinetta a Biandronno, che dà lavoro ad oltre duemila persone.
«Ci auguriamo che possa essere davvero così» commenta don Cantù, il quale propone una sua riflessione anche sul destino dell’area industriale comeriese. «Apprendiamo che è stato costituito un gruppo di lavoro, tra diversi attori istituzionali e la stessa Whirlpool – afferma il parroco – per definire la nuova destinazione d’uso dello stabile di Comerio, in modo da creare nuove opportunità per il territorio». Lo stabilimento insomma non deve trasformarsi in archeologia industriale bensì nel simbolo della rinascita di tutto il territorio, che vuole guardare al futuro con ottimismo e speranza e non con rassegnazione. «Anche in questo caso, auspichiamo che con la buona volontà di tutti, si possa dare un contributo al miglioramento della qualità della vita, in un momento certamente non facile per le famiglie della nostra comunità» conclude don Maurizio.